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Ecco "First Team": dietro le quinte dell'azienda Juve

Ecco "First Team": dietro le quinte dell'azienda Juve

Quando, poco più di un anno fa, la Juventus presentò il nuovo logo sintetico ed efficace come il baffetto Nike a sostituire lo storico stemma con all'interno lo stemma di Torino, i tanti tradizionalisti storsero il naso. La logica, invece, non faceva una grinza: conquistare sempre più spazio sul mercato globale e mettersi in concorrenza con i più importanti team del mondo - Real Madrid, Barcellona, Manchester United - che vantano ovunque milioni di tifosi.

La seconda operazione di restyling e riposizionamento passa attraverso la tv, ma non nei tanti programmi nazionali dove si parla di Var e rigori non dati applicando la logica del campanile e del tifo. Con First Team, la Juve sbarca su Netflix con le prime tre puntate - altre tre verranno trasmesse in giugno - incentrate non sulla sua gloriosa storia, ma sulla cronaca della stagione in corso. Sportivamente un gran rischio - può finire bene o male -, ma dal punto di vista televisivo una scelta giusta perché crea suspence come in un film giallo di cui non si conosce l'epilogo. Impressionanti i numeri dei potenziali utenti, oltre 100 milioni in 190 Paesi: First Team: Juventus si può ascoltare in qualsiasi lingua, a cominciare dalla versione inglese per la voce narrante dell'attore e doppiatore D.B. Sweeney.

Spettacolare la qualità delle immagini, completamente diversa dal tipico documentario sportivo, in una sapiente alternanza tra campo e backstage. Dalla prima di campionato alla pausa natalizia il racconto delle principali partite juventine in serie A e in Champions League, focalizzandosi su alcuni temi particolari che, a fine febbraio, restano più che mai aperti: sarà davvero l'ultimo anno di Gigi Buffon oppure ci sta ripensando? Riuscirà questa squadra, già leggendaria, a vincere il settimo scudetto e la quarta Coppa Italia consecutivi oppure la spunterà il motivatissimo Napoli? E soprattutto, quale destino la attende in Europa, territorio tradizionalmente ostico, dopo il trauma consumatosi lo scorso giugno a Cardiff?

Non solo calcio, però. Gli atleti juventini vengono seguiti nella loro vita privata, in quel quotidiano condiviso - non dimentichiamolo - con ragazzi dai 20 ai 30 anni. Veniamo così a scoprire che il Pipita ama la solitudine prima delle partite, che a Claudio Marchisio piace il caffè con la moka, che Daniele Rugani passeggia in centro con la fidanzata - fortuna di abitare a Torino, la città più discreta d'Italia - che Giorgio Chiellini, oltre ad amare la lettura segue il basket, che Miralem Pjanic vorrebbe più tempo da passare con il figlio.

First Team tralascia volutamente l'epica e spiega piuttosto come funziona una grande azienda del calcio, dove nulla è lasciato al caso e tutto deve funzionare alla perfezione se si vuole raggiungere l'unico scopo possibile, quello della vittoria. Dagli allenamenti di Max Allegri ai preparatori atletici, il film rivela ciò che del pallone poco conosciamo: l'organizzazione di ogni minimo dettaglio.

Inutile stupirsi se a vincere sono (siamo) sempre i soliti in maglietta a righe bianconere.

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