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Ecco la Mani Pulite che nessuno racconta: gli indagati di Di Pietro intercettati da tre anni

Renato Farina racconta in un libro: "Antonio Di Pietro ha ammesso di aver incastrato Chiesa con le intercettazioni. E su diversi blog hanno usato questa sua autodenuncia per sostenerne l’utilità. Ma non furono mai esibite in nessun processo, e se ci furono erano illegali"

Ecco la Mani Pulite che nessuno racconta:  gli indagati di Di Pietro intercettati da tre anni

La prosa è sempre vivacissima, come nello stile che i lettori del Giornale conoscono bene. Renato Farina, per lunghi anni vicedirettore del quotidiano di via Negri e poi di Libero, torna indietro nel tempo, fino agli anni cruciali di Mani pulite e del Pool. E ci consegna aneddoti, giudizi, ritratti, episodi inediti sul confine scivoloso fra la politica e la giustizia. Ce n’è per tutti, anche perché Farina sfrutta una guida d’eccezione: lo scomparso presidente Francesco Cossiga. «Cossiga mi ha detto»: questo è il titolo del libro in uscita da Marsilio. Un testo è che è un rotolare di sorprese. E un susseguirsi di dettagli che lasciano a bocca aperta. Anche se non sempre Farina svela le sue fonti: «Qui rivelo un episodio inedito». E il giornalista, oggi deputato del Pdl, allunga il passo: «Durante un interrogatorio, per far vedere con chi aveva a che fare, Primo Greganti, il mitico Compagno G, picchiò Di Pietro». Possibile? Farina incalza: «Gli balzò addosso. Proprio come facevano alcuni impavidi partigiani con gli ufficiali della Gestapo. Quelli - è la chiusa ironica - però venivano fucilati. Greganti è, per sua fortuna, tornato fra noi».
Non c’è il tempo per controllare la notizia: Farina è già oltre. E sparge dubbi sull’incipit della Rivoluzione giudiziaria. Domanda: chi diede a Di Pietro il combustibile per far girare la macchina degli arresti? «In realtà - è la risposta - quando presero con i soldi nel cesso il Mario Chiesa alla Baggina di Milano, febbraio ’92, erano già tre anni che lavoravano con le intercettazioni». Addirittura? Tre anni? «Antonio Di Pietro - prosegue Farina - ha ammesso di aver incastrato Chiesa con le intercettazioni. E su diversi blog hanno usato questa sua autodenuncia per sostenerne l’utilità. Ma non furono mai esibite in nessun processo, e se ci furono erano illegali. Mi domando: grazie a chi furono effettuate? C’entrano i servizi segreti deviati? O magari gli americani? I quali vedevano male sia Craxi sia Andreotti per le loro posizioni filoarabe e avevano anche dei riflessi di vendetta per Sigonella».
Certi argomenti sono tabù. E restano, come dire, nel backstage delle grandi inchieste: Farina ha una scrittura partigiana e non ha paura di esporsi, di offrire il fianco alle critiche, di prendere posizioni eretiche, da iconoclasta. Del resto in un’altra vita, parallela a quella in redazione, Renato è stato l’agente Betulla e questa sua consuetudine con i Servizi segreti gli è costata cara. Molto cara. Un patteggiamento nell’inchiesta sul sequestro di Abu Omar e la radiazione dall’Ordine dei giornalisti, annullata solo pochi giorni fa dalla Cassazione.
Lui spariglia, cita e dissacra appoggiandosi alle intuizioni e alle narrazioni di quel monumento nazionale chiamato Cossiga. Che il 7 gennaio 2004 gli scrive una letterina pepata a proposito di Francesco Saverio Borrelli: «Anni fa, l’allora procuratore Borrelli mi chiamò al mattino presto nella mia abitazione: più che chiedere mi intimò per telefono di smentire che egli - come in un’intervista avevo riferito - fosse socialista, dicendo anzi che era di famiglia monarchica...

Avendo egli insistito, io allora gli dissi -come effettivamente feci - che avrei eseguito, ma non mi chiedesse di smentire in futuro quel che io sapevo con certezza e cognizione dei fatti e cioè che la sua nomina a Procuratore era avvenuta con l’opposizione della Dc e su pressione del Partito socialista, guidato da Bettino Craxi».

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