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«Ecco perché mi batto per il reato di omicidio stradale»

Parla l'avvocato Musicco, legale delle vittime di incidenti e autore della guida «Eppure avevo ragione» su come difendersi in caso di sinistro: «Sarebbe un deterrente decisivo per ridurre gli incidenti. La prevenzione? Siamo fanalino di coda in Europa». Lo scandalo del patteggiamento

Il caro-benzina avrà anche cambiato le abitudini degli italiani, meno macchine in giro e quindi meno incidenti stradali, ma il bollettino di guerra delle morti sulle strade è ancora agghiacciante: 5mila morti l'anno, 20mila feriti gravi e 200mila feriti lievi. In Italia il rischio di morire in macchina è due, tre volte più alto che nel resto d'Europa.
«Eppure paghiamo i premi assicurativi più alti e abbiamo i controlli sulle strade più bassi, nonostante un numero di forze dell'ordine decisamente superiore alla media», dice Francesco Musicco, avvocato «storico» delle vittime di incidenti stradali, autore del libro «Eppure avevo ragione - Manuale di difesa prima e dopo gli incidenti stradali» (Aliberti editore, in libreria da qualche giorno).
Quali assicurazioni scegliere? Cosa succede se in un incidente c'è un ferito? Quando è possibile accedere alle risorse del fondo delle vittime della strada? Cosa fare se un pirata della strada ci viene addosso e scappa? Come affrontare un eventuale processo penale per incidente? Perché se si è investiti da un'auto a Milano si viene risarciti molto di più rispetto a Napoli o Palermo? Cosa si rischia davvero per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di stupefacenti? Tutte domande alle quali l'avvocato 44enne, volto noto della tv e della carta stampata e spesso ospite delle principali trasmissioni d'informazione di Rai e Mediaset, cerca di dare una risposta.
La vera battaglia, prima che sulle strade o davanti alle telecamere, Musicco però la combatte in tribunale. Solo qualche giorno fa era in aula al processo davanti a chi ha travolto e distrutto la vita di un ragazzo di 24 anni di Vicenza, Alex Di Stefano. Lui si chiama Mirko Vendramin, e neppure un anno fa sulla tangenziale ha investito la Mini di Alex con la sua Polo. Il 22enne era ubriaco, drogato e pure contromano. All'udienza preliminare dell'altro giorno non c'era la mamma di Alex. Che si è uccisa il giorno dopo la morte del figlio.
«Quella notte la nostra vita è cambiata, vogliamo giustizia», ripetono ovunque come un rosario da quel maledetto 2 giugno 2011 i parenti del ragazzo. Ma c'è un altro mantra che echeggia in tribunale e in Parlamento: «Omicidio stradale». «Mercoledì sarò a Roma con il presidente della commissione Trasporti della Camera Mario Valducci del Pdl - dice Musicco al Giornale - per discutere anche di questa fattispecie di reato». «Chi si mette alla guida di un'auto da ubriaco - con un tasso alcolemico superiore a 1,5, cioè 3 volte il consentito - o da drogato, è assimilabile a chi spara con un'arma carica», scrive sul suo blog l'onorevole Valducci, Perché «l'auto, se messa nelle mani sbagliate, può diventare un'arma. E pertanto deve andare in galera per almeno 8 anni, come minimo. Così chi ha ucciso guidando ubriaco o drogato è giusto che non guidi mai più, che gli sia dato l'ergastolo della patente, che gli venga ritirata a vita. È una battaglia di giustizia, è una battaglia di civiltà». Musicco annuisce, è quello che hanno chiesto al giudice per l'udienza preliminare Stefano Furlani. Accusare Vendramin e come lui chi uccide un automobilista di «omicidio volontario». Nel caso della morte di Di Stefano sembra che il ragazzo sapesse di essere contromano perché la fidanzata lo aveva avvisato. E dunque lui aveva consapevolezza di poter volontariamente mettere a rischio la vita altrui. E dunque è omicidio stradale. «È una battaglia lunga», dice ancora Musicco. La fattispecie prevederebbe pene severe, fino a 18 anni di reclusione e l'addio alla patente per chi al volante, drogato o ubriaco, provoca un incidente mortale.
«L'omicidio stradale sarebbe un deterrente decisivo per ridurre gli incidenti mortali. A livello di prevenzione siamo fanalino di coda in Europa. Due milioni di alcol-test ogni anno contro i 10 di Francia, Inghilterra e Germania. I narcotest? Quasi inesistenti». L'escamotage giuridico dell'omicidio stradale porterebbe anche a scongiurare il dramma del patteggiamento della pena, prassi a cui a oggi i parenti della vittima non possono opporsi. Senza parlare della possibile incostituzionalità dell'ergastolo da patente, cioè dell'impossibilità di guidare un auto dopo la condanna. Anche su questo dovrà pronunciarsi il Parlamento: «La revoca a vita della patente scatterebbe solo in caso di recidiva o di condotte di guida palesemente gravi e sotto l'effetto di alcol o droga. E comunque il diritto alla salute è più forte del diritto alla mobilità». Il dramma è che però, a oggi, le condanne a pene severe sono ancora sporadiche, e che quasi mai la pena viene scontata come si dovrebbe. «C'è anche la beffa delle compagnie assicurative, che vorrebbero dimezzare i risarcimenti», conclude Musicco. Mentre le tariffe sono aumentate del 104% in 11 anni (dal 2001 ad oggi). Un boom del tutto «inaccettabile e ingiustificato», dicono Adusbef e Federconsumatori, visto che nello stesso periodo la frequenza dei sinistri è diminuita del 34%. Ma in strada si continua a morire..

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