Controcultura

Ecco #SocialFace, un vero fenomeno tra i ragazzini

Ho chiesto a mio figlio Niccolò, dieci anni, perché gli piacciono così tanto gli youtuber di #SocialFace e perché passa ore all'iPad a guardare cose al limite del demenziale. Mi ha guardato stupito per la mia curiosità: «Ma come ha risposto - sono famosissimi e poi fanno morire dal ridere».

Gli youtuber fanno i videogiochi, commentando l'azione in modo spiritoso. Sfidano se stessi o propri amici in scherzi innocui o in imprese poco raccomandabili, un po' nello stile degli spericolati acrobati di Jackass, un tempo fenomeno di successo su Mtv. Essere famosi, in questo mondo, significa che migliaia e migliaia di persone determinano il successo a colpi di like e visualizzazioni. Ora c'è una trasmissione tv che prova a portare sul piccolo schermo il linguaggio del Web destinato ai nostri figli. #SocialFace sbarca su Sky 1, il lunedì e il giovedì alle 19,40, nella stessa fascia oraria in cui un tempo si guardavano, a seconda delle generazioni, Zorro e Happy Days, i Robinson e Casa Keaton.

Gli eroi del 2016 si chiamano Favij, amato da tutti i ragazzini, Stepny, Greta Menchi (unica donna), Simone Paciello, Papà Vegas, Anima, Surreal Power, Francesco Posa. Fosse ancora vivo Andy Warhol, gongolerebbe per la realizzazione della sua frase profetica, a proposito del fatto che ciascuno di noi, in futuro, avrebbe avuto diritto ad almeno 15 minuti di celebrità. E in effetti qualcosa del gusto pop va a permeare la stanza coloratissima sì, ma che claustrofobia! - in cui quattro ragazzini per poco meno di mezz'ora si sfidano, coi videogiochi, ma soprattutto in imprese folli e fastidiose, come lavarsi i denti con il wasabi o mangiare un panino schifoso riempito di nutella, caffè, sale, mostarda e peperoncino.

Si trattasse di arte contemporanea, potremmo dire che #SocialFace non fa che attualizzare le poetiche della performance, un linguaggio che costa poco ma è ficcante, non finge e tutto ciò che si vede è vero, è grottesco eppure implica il concetto della sofferenza senza nascondere un neanche troppo lieve sadismo. In molti ridiamo se qualcuno cade nei brevi video di Paperissima, ma qui il discorso è ancor più esplicito e marcato: adolescenti non esitano ad affrontare lo scherno al fine di suscitare il riso più sguaiato come atto liberatorio. Certo agli autori del programma non sfugge la componente psicanalitica: i teenagers se la spassano, gli adulti non capiscono.

La tv però si costruisce così, con semplicità e immediatezza. Mi sono davvero impegnato a capire che cosa ci trova un bambino delle elementari, ma ammetto che mi sono dovuto arrendere. Un tempo il piccolo schermo creava un territorio comune tra le generazioni, oggi provoca divari incolmabili e, soprattutto, agisce su un nuovissimo pubblico di consumatori; ai genitori non resta che assecondare le imprese assurde di Favij&Co., diventati nel frattempo protagonisti anche del mercato editoriale.

Altro che letteratura per l'infanzia.

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