Economia

Draghi darà altri soldi alle banche

"Misura allo studio: ma questa volta servirà a incoraggiare i prestiti". L'alternativa è l'acquisto di titoli

Draghi darà altri soldi alle banche

Non è ben chiaro se Mario Draghi sia più preoccupato dalla minaccia della deflazione nell'Eurozona, o dalle banche che continuano a tener stretti i cordoni della borsa negando prestiti a famiglie e imprese. In ogni caso, sono questi i due elementi di rischio che potrebbero indurre la Bce a passare, più o meno a breve, da un immobilismo non esente da critiche a un interventismo a tutto campo, con dispiegamento sia di misure ordinarie, sia di armi non convenzionali.

Il numero uno dell'Eurotower va ripetendo ormai da qualche mese di essere pronto ad agire. Lo ha ribadito anche ieri ad Amsterdam, durante un intervento i cui toni sembrano lasciar intendere che i tempi sono ormai quasi maturi per il cambio di marcia. «Assistiamo a un peggioramento delle prospettive di inflazione nel medio termine, che richiederebbe un più ampio programma di acquisti di attività», ha esordito Draghi. Sul fronte dei prezzi, dopo la gelata di marzo (0,5%) saranno decisive le indicazioni che arriveranno dal mese in corso: per effetto della Pasqua, e in particolare grazie al probabile aumento della spesa per servizi, l'istituto di Francoforte si aspetta che l'inflazione riprenda un po' di colore. Ma ciò potrebbe anche non essere sufficiente ad allontanare lo spettro deflazionistico, considerato l'andamento depresso dei consumi nei Paesi periferici stante la situazione di crisi ancora esistente soprattutto a causa dei troppi disoccupati. Come ha anticipato Draghi, nella riunione di inizio maggio la Bce potrebbe dunque rispondere subito con «un ulteriore abbassamento del corridoio dei tassi, incluso un tasso sui depositi negativo», senza però premere il grilletto del quantitative easing.

L'utilizzo di questa opzione dipenderà molto probabilmente da come saranno valutate le condizioni del sistema bancario. Che stanno «migliorando e continuano a migliorare», ha spiegato il presidente della banca centrale. Ma «se questo scenario non si materializza, potremmo essere costretti a rispondere in varie forme, tra cui un'operazione di rifinanziamento a più lungo termine, mirata ad incoraggiare i prestiti bancari». Qui si pone il primo dilemma. Ciò che Draghi sta dicendo è che la Bce sta pensando al lancio di una Ltro 2.0, ossia a una nuova versione del programma con cui, a cavallo tra il 2011 e il 2011, furono messi nelle mani delle banche 1.000 miliardi di euro. Allora, quella liquidità venne perlopiù impiegata per l'acquisto di titoli di Stato come contromisura alla crisi del debito sovrano e all'impazzimento degli spread. Non a caso, gli istituti italiani si portarono a casa oltre un quarto dell'ammontare dei prestiti, e con quei soldi comprarono pacchi di Btp. Ora si tratta di stabilire come dirottare la nuova ondata di liquidità verso l'economia reale. Un'impresa non facile. Inoltre, le banche potrebbero essere indotte a prestare denaro anche alla clientela meno sicura, col risultato di alzare le sofferenze e innescare una nuova crisi del mercato del credito.

All'Ltro reloaded, Draghi ha infatti un'alternativa: l'intervento anche «attraverso un programma di acquisto di Abs, sostenuto dalle necessarie modifiche normative volte a rivitalizzare una cartolarizzazione di alta qualità in Europa». Anche questa soluzione presenta tuttavia un'insidia, rilevata dall'economista Luigi Zingales: potrebbe infatti favorire la Germania grazie al fatto che verrebbero finanziate quelle imprese, rare per esempio in Italia, in possesso di titoli ad elevato rating. Le altre, invece, resterebbero a bocca asciutta. Non solo: Berlino trarrebbe ugualmente vantaggio nel caso la Bce decidesse di comprare bond sovrani, usando come criterio di ripartizione degli acquisti il Pil di ogni singolo Paese membro.

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