Economia

Albo unico, rischi e opportunità

Gli advisor vedrebbero di buon occhio l’accorpamento all’elenco dei promotori. Ma gli ostacoli da superare sono molti, dal differente peso numerico delle due categorie ai poteri di vigilanza sugli iscritti

Albo unico, rischi e opportunità

Regole chiare che valgono per tutti e diano modo a tutti di poter operare. Con trasparenza. Parte da queste basi, ritenute dai più di fondamentale importanza, il futuro della consulenza finanziaria in Italia. Che corre e sta bruciando le tappe in fretta.

C’è bisogno però di definire con certezza “chi fa che cosa”. E di una regolamentazione chiara. Da questo punto di vista, uno dei nodi da sciogliere riguarda le caratteristiche che dovrà avere quello che sarà il nuovo albo dei consulenti finanziari. La domanda che gli addetti ai lavori si pongono è questa: meglio costituire un elenco ex novo oppure accorpare nell’organismo di gestione dell’albo dei promotori finanziari (Apf) quello dei consulenti indipendenti (che nonostante una legge italiana lo preveda, da sei anni non riesce a vedere la luce)?

La risposta che mette d’accordo tutti è la seconda. Ne è la riprova il coro di sì alla proposta lanciata lo scorso giugno durante il convegno di Assoreti da Raffaele Lener, ordinario del dipartimento di Giurisprudenza dell’università di Tor Vergata di Roma, per conto dell’associazione presieduta da Antonio Spallanzani. Lener aveva definito «ragionevole» l’idea di costituire «un nuovo organismo che riunisca i soggetti deputati alla prestazione e alla distribuzione del servizio di consulenti». E in più un ampliamento dei compiti del nuovo albo alla vigilanza degli iscritti.

Da allora sono trascorsi quattro mesi. Come è attualmente la situazione? A spiegarlo è Giuseppe Capobianco,direttore generale dell’Albo dei promotori finanziari (Apf): «Prima di tutto, credo che rendere sistematico il settore distributivo produrrà effetti positivi e virtuosi, non solo per gli operatori e per l’industria in generale, ma anche per il risparmiatore. Gli investitori, infatti, avranno a disposizione un quadro limpido dei professionisti a cui rivolgersi e, soprattutto, delle strutture destinate al loro controllo», premette Capobianco. «Per la nascita dell’albo unico è necessario che si realizzi una serie di condizioni: occorre prima di tutto una modifica della normativa primaria, a partire dal Tuf. Al momento, inoltre, il decreto firmato lo scorso giugno dal presidente del consiglio Enrico Letta ha posticipato a fine anno i termini di istituzione dell’albo dei consulenti finanziari e del relativo organismo. Di conseguenza, questi professionisti possono continuare a svolgere il servizio di consulenza in materia di investimenti fino al 31 dicembre 2013. Se si procedesse all’accorpamento con l’organismo che gestisce l’Apf, bisognerebbe prevedere le tempistiche e le modalità di questo percorso; il tutto troverebbe attuazione per il tramite di un regolamento che verrà emanato dalla Consob».

L’idea di mettere sullo stesso tetto consulenti e promotori è stata accolta favorevolmente da Consob, ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) e Apf . Ma anche dalle associazioni che rappresentano i consulenti finanziari indipendenti (Nafop) e le sim di consulenza (Ascosim). In una lettera congiunta inviata a Consob, Mef, Apf, Abi, Anasf e Assoreti, le due associazioni hanno espresso parere favorevole di fronte a questa eventualità «che consentirebbe, una volta varate le necessarie integrazioni alla regolamentazione e superate alcune difficoltà di natura organizzativa, di avviare l’operatività dell’albo unico».

TAVOLO DI LAVORO A distanza di quattro mesi, dunque, il tavolo di lavoro sembra avviato. Di questo e di altro si è discusso anche al terzo congresso nazionale dei consulenti finanziari indipendenti organizzato da Consultique che si è svolto a metà settembre scorso a Pacengo di Lazise, in provincia di Verona.

«La partecipazione di Nafop (l’associazione dei professionisti e delle società di consulenza finanziaria indipendente fee only che conta circa 300 associati tra professionisti, società e studi professionali, ndr) a questo tavolo di lavoro rappresenta il riconoscimento che abbiamo avuto come associazione per lanciare finalmente la nostra categoria», ha affermato Cesare Armellini, amministratore delegato di Consultique e presidente di Nafop. «Quello che adesso a noi preme sono i tempi per far partire l’albo unico: massimo sei mesi affinché ci siano tutte le condizioni necessarie». Armellini ha fretta. Ma non è il solo.

Per Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti e vicepresidente dell’Apf, è scoccata l’ora di fare un po’ di ordine. «Penso sia giunto finalmente il momento di avere la reale possibilità di poter operare veramente alla luce

del sole, attraverso un riconoscimento che esiste dal punto di vista normativo, ma che poi di fatto è stato un po’ trascurato nel corso di questi anni». Tutto ciò per il bene non solo della categoria, ma anche dell’intero mercato. «Oggi», dice Tofanelli, «si ha ancora una percezione poco chiara di cosa sia veramente l’advisoring: ci sono i consulenti indipendenti, c’è il settore della promozione finanziaria che sostanzialmente opera secondo le norme in consulenza e ci sono le aziende di credito, che possono fare advisoring anche indipendente. Quindi è bene prevedere un riconoscimento ufficiale su che cosa sia la consulenza, con regole chiare che valgono per tutti e diano modo a tutti di potere operare».

La strada che porta al nuovo elenco o al nuovo organismo, però, non è semplice. «Prevedere la nascita dell’albo nell’arco di sei mesi è puro ottimismo», afferma Maria Teresa Paracampo,professore associato di Diritto dell’economia presso il dipartimento diGiurisprudenza dell’università degli Studi di Bari. «Gli step normativi saranno più o meno complessi e articolati a seconda delle soluzioni adottate. Bisogna tenere in considerazione due profili complementari: uno di tipo strettamente formale - e quindi di intervento normativo di modifica - e l’altro più di tipo contenutistico e sostanziale, che riguarda proprio il contenuto e le soluzioni. Per prima cosa occorrerà capire se stiamo parlando di un nuovo organismo oppure di un restyling di quello attuale, con magari qualche competenza in più. Il tavolo di lavoro deve partire da una riflessione basata, a mio parere, sui testi normativi relativi alle peculiarità delle due categorie professionali che vanno entrambe salvaguardate: da una parte la natura intellettuale dei consulenti, dall’altra quella imprenditoriale dei promotori finanziari», sottolinea Paracampo.

il nodo della GOVERNANCE Altra questione a dir poco spinosa è la composizione del board di quello che sarà il nuovo albo o organismo dei consulenti finanziari. È assai probabile che entreranno a far parte anche i rappresentanti delle associazioni dei consulenti finanziari. «Abbiamo ricevuto ampie rassicurazioni in questo senso», tiene a precisare Armellini. Ma molti si interrogano sul peso dei numeri in termini di rappresentatività: si presume che i consulenti che si iscriveranno al nuovo albo saranno circa un migliaio, a fronte dei 52 mila iscritti all’attuale elenco dei promotori finanziari (di cui 33 mila sono gli attivi). La questione non è di poco conto.

Maurizio Bufi, presidente dell’Anasf, di fronte all’ipotesi che i consulenti finanziari indipendenti avessero una loro rappresentanza nel nuovo organismo ha risposto che è un discorso prematuro e che comunque la primogenitura spetti tutta ai promotori finanziari. Ha poi messo in dubbio numeri e peso dei consulenti finanziari. Chiamato in causa sull’argomento e sul punto di vista del numero uno dell’Anasf, Armellini preferisce liquidare la questione in modo salomonico: «Posso capire la posizione di chi vede il nostro ingresso nel board del nuovo organismo come qualcosa che possa dare fastidio, ma non intendo alimentare polemiche e aspetto i risultati del tavolo di lavoro». Nafop, in sostanza, auspica, tra le altre cose, che la nomina del presidente del nuovo organismo, cosi come la maggioranza dei componenti del comitato direttivo, avvenga nella massima trasparenza attraverso una designazione pubblica.

Sull’argomento interviene anche Massimo Scolari «Bisogna distinguere bene l’albo dalle associazioni», puntualizza il segretario generale di Ascosim. «Le associazioni che vi partecipano in virtù degli accordi e delle rappresentanze non portano avanti solo gli interessi degli associati. Ma - visto che il nuovo albo è un organismo che ha comunque una funzione pubblica - devono curare l’interesse generale, più che particolare. Se la questione viene letta in questo modo assume una logica diversa. La concorrenza fra associazioni private non può paralizzare la funzione pubblica del nuovo albo».

A far discutere non sono state solo le parole pronunciate da Bufi, ma anche il rinnovo (lo scorso 19 settembre) delle cariche dell’Apf. Qualche settimana prima, infatti, si era fatta largo l’ipotesi di una prorogatio che avrebbe confermato i dirigenti in scadenza di mandato. Alla fine non è stato così e si è preferito andare avanti voltando pagina ed eleggendo i nuovi vertici: Carla Rabitti Bedogni (nominata presidente, al posto di Giovanna Giurgola Trazza), Marco Tofanelli (vicepresidente), Ettore Betti, Roberto Brega, Roberto Dilillo, Gianfranco Galati, Francesca Palisi, Andrea Pepe, Francesco Priore e Guido Rispoli (consiglieri).

La questione relativa alla governance del nuovo albo dei consulenti finanziari, dunque, rimane viva. Su questo punto l’opinione di Paracampo è inequivocabile: «Bisognerà integrare in pari modo le rappresentanze. E dovranno esserci anche i consulenti. Non lo dico io, ma un chiaro dettato normativo. Mi spiego meglio: i consulenti finanziari fee only sono tenuti al rispetto del requisito di indipendenza, che deriva da un lato dal divieto di percepire qualunque tipo di beneficio, e dall’altro dal divieto di intrattenere rapporti con intermediari che emettono prodotti finanziari. Cito questo requisito perché, se la maggioranza della governance rimane in mano a esponenti o rappresentanti solo di una categoria professionale, l’organismo rischia di essere in perenne conflitto di interesse. In sostanza, si verrebbe a creare una situazione paradossale, con i soggetti vigilati che

sarebbero controllati da coloro con i quali non dovrebbero avere alcun rapporto professionale ed economico, né tantomeno familiare. Se così andasse, sarebbe un primo passo falso nella direzione di questo nuovo organismo, che invece dovrebbe essere una casa comune dove tutti sono proprietari e non ci sono solo inquilini», dice Paracampo.

pubblico o privato? In realtà, una soluzione per individuare i membri del futuro organismo ci sarebbe. «Nel percorso che riguardava i consulenti fee only, nel luglio del 2009, fu introdotta una nuova norma che cambiò la natura di quello che doveva essere il nuovo organismo. E la trasformò da privato - come era nato in seguito alla Mifid - a pubblica», spiega Paracampo. «La norma riservava al ministero dell’Economia e delle Finanze la nomina in prima battuta di tutti i componenti dell’organismo. Questa norma è ancora valida: pertanto potrebbe essere seguita. Del resto, la stessa strada è stata percorsa anche per l’organismo degli agenti e dei mediatori che, pur avendo natura privatistica, ha previsto la nomina in sede di prima applicazione di tutti i componenti a opera del Mef».

Sulla natura privatistica o pubblica del nuovo organismo il dibattito è aperto. Tofanelli e Capobianco richiamano, per esempio, l’esperienza dell’albo promotori. «Nel corso di questi anni l’Apf è riuscito a fare risparmiare ai promotori finanziari, rispetto a quanto pagavano alla Consob, circa 2 milioni di euro di contributi», sottolinea Tofanelli. «Tutto questo grazie alla natura privatistica dell’albo. Quindi fuggo dal pensiero di una nomina da parte dell’ente pubblico, perché il rischio è quello di tenere una sorta di inutile mini-Consob». E sulla composizione del board dice: «Vanno garantite tutte le rappresentanze e prestata la giusta attenzione nei confronti di tutte le componenti. Non possono esserci, all’interno del futuro albo, conflitti di interesse - e non credo che la nomina pubblica possa scongiurare questo rischio. Anzi. La natura privatistica, ribadisco, garantirebbe un maggiore efficientamento senza caricare costi eccessivi difficili da mantenere», dice Tofanelli.

«La governance è un tema sul quale tutti gli attori del settore, autorità e associazioni in primis, sono chiamati a molteplici valutazioni» è il parere di Capobianco. «Auspico, da “tecnico”, che il nuovo organismo rimanga una struttura con governance privata. Per una questione di efficienza. Apf lo ha ampiamente dimostrato, riducendo i costi a carico dei promotori finanziari, esercitando le proprie funzioni con meno della metà del personale precedentemente previsto e completando gli iter istruttori e deliberativi in un terzo del tempo. Un altro esempio è costituito dalla prova valutativa di idoneità alla professione, il cui esito è immediatamente noto al candidato e l’attestato viene consegnato nelle sue mani in tempo reale».

Ma quanto costa tenere in piedi un albo? «Nel caso dell’Apf, che è stato il primo organismo privato dedicato allo svolgimento di una funzione pubblica», risponde Capobianco, «credo che la quota a carico del promotore finanziario per poter svolgere la sua attività sia una delle più basse fra quelle applicate dagli albi professionali: nel 2013 ammonta, in totale, a 182 euro suddivisi equamente fra Apf, per la gestione e i controlli di competenza, e Consob, per l’attività di vigilanza. Questo importo, dal 2009 a oggi, si è ridotto del 20% sebbene, nel periodo, Apf abbia provveduto a numerose implementazioni. Come l’informatizzazione delle procedure; la pubblicazione del portale di servizi e informazioni www.albopf.it, che si affianca agli sportelli di Roma e Milano; la realizzazione di un canale web diretto con gli intermediari autorizzati per le comunicazioni obbligatorie; l’aggiornamento automatico dei dati dell’albo; la creazione di un’area del sito di Apf dedicata all’allenamento per le prove valutative. Quest’ultima sezione, da gennaio 2014, per i soli iscritti a quelle prove, si arricchirà di una piattaforma e-learning per lo studio delle materie che sono oggetto della professione di promotore finanziario».

funzione di VIGILANZA Cosa dovrebbe prevedere l’albo? «Le nuove tecnologie consentono di incrementare i livelli di efficienza e di economicità, ma è l’attribuzione della funzione di vigilanza il vero salto di qualità», evidenzia Capobianco, «L’esercizio di questa funzione richiede separazione dei poteri all’interno dell’associazione, assenza di conflitti di interessi, equità. La visione e l’esperienza della Consob sarà fondamentale ai fini della previsione e costruzione di un sistema di vigilanza efficiente, che potrà nascere solo dal lavoro congiunto delle parti coinvolte. Per questa ragione ci si può aspettare un tavolo di lavoro che non prenda avvio da soluzioni precostituite e che analizzi diverse ipotesi fino a sviluppare una soluzione sostenibile dal punto di vista giuridico, organizzativo ed economico».

Già, le funzioni di vigilanza sugli iscritti. Verranno, quindi, affidate al nuovo organismo unico? Armellini vede con favore questa eventualità. «La nostra associazione, in questi anni, ha svolto una intensa attività di controllo sul territorio che - devo dire - va oltre l’attività di vigilanza», afferma Armellini. «Abbiamo trovato numerose situazioni anomale nel settore finanziario, che abbiamo portato in evidenza, denunciato e risolto. Un’attività di controllo che ha prodotto un vantaggio consistente all’investitore finale».

SIM DI CONSULENZA Il nuovo albo dei consulenti finanziari è guardato con interesse anche dalle sim di consulenza. «È certo che l’avvio del nuovo organismo rimette in discussione il loro campo di gioco. Alcune sim di consulenza estenderanno l’attività anche ad altri servizi di investimento come la gestione e la raccolta ordini, mentre altre si trasformeranno in società di consulenza finanziaria», spiega Scolari. «È uno scenario nuovo, secondo me positivo per il mercato della consulenza. Perché non possiamo nascondere che alcune parti della regolamentazione e degli adempimenti amministrativi in carico alle sim di consulenza sono derivati dalla regolamentazione generale di banche e sim, e poco hanno a che fare con il servizio di advisoring vero e proprio. Le sim di consulenza, se proprio vogliamo dirla tutta, sono state anche eccessivamente regolate, tenuto conto del loro livello di attività. Per questo, secondo me, si troveranno a proprio agio nell’ambito dell’albo dei consulenti, nella sezione delle persone giuridiche. Non solo: ne gioverà anche l’investitore, per il quale sarà più semplice rivolgersi alla consulenza prestata da promotori, consulenti o società».

Scolari intravede, inoltre, nuove opportunità di business per il mercato della consulenza. «Perché, come succede già in Francia e in Inghilterra, non consideriamo la possibilità che il consulente finanziario non solo fornisca raccomandazioni di investimento, ma possa anche raccogliere l’ordine del cliente relativamente all’esecuzione di queste stesse raccomandazioni?», si chiede. «Apriamo un tavolo di lavoro su questo tema: sono convinto che troveremo una risposta positiva da parte dell’autorità, perché si tratterebbe di un completamento del servizio, appunto come avviene anche in altri paesi europei», dice Scolari.

Qual è il grado di interesse della consulenza indipendente rispetto a questa proposta? «Noi siamo sempre alla ricerca di soluzioni che ci permettano di migliorare la nostra attività», afferma Armellini. «Tuttavia, la raccolta ordini potrebbe dar adito a quella categoria di trader che è particolarmente presente anche in Italia e da cui ci differenziamo. Non vorremmo che questo aspetto avvicinasse di più questa categoria a noi. In linea di massima siamo favorevoli.

È una tematica, comunque, che andrebbe gestita al meglio».

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