Economia

Allarme sui profitti della Bmw Pesano i dazi e i nuovi test

Il gruppo tedesco abbassa le stime sui margini 2018 Focus sulle prossime trimestrali di tanti grandi produttori

Pierluigi Bonora

Le crescenti tensioni commerciali nel mondo (Donald Trump, dopo Pechino, punta ora l'indice contro Tokio), le normative sempre più stringenti sul fronte delle emissioni con l'entrata in vigore della nuova procedura di omologazione europea (per i rilevamenti su consumi e gas di scarico sono previste anche le prove su strada); i forti investimenti che i costruttori devono mettere in conto per rispondere ai cambiamenti in atto sul tema mobilità: tutti questi fattori, insieme agli inevitabili problemi che si manifestano sui mercati, obbligano i gruppi automobilistici a rivedere le proprie stime e strategie. Non fanno eccezione i produttori tedeschi.

E così, al profit warning lanciato nella seconda metà di giugno da Daimler-Mercedes sotto i colpi della guerra dei dazi tra Usa e Cina, ora è la volta di Bmw, costretta a rivedere al ribasso la guidance di quest'anno. In Borsa, a Francoforte, sono fioccate le vendite sulle azioni bavaresi: -5,4% e chiusura a quota 79 euro.

Il tutto è seguito all'annuncio, da parte di Bmw, di profitti pre-tasse in moderato calo rispetto al 2017, mentre in precedenza erano stati pronosticati utili in linea con lo scorso anno. Bmw ha inoltre tagliato le previsioni dell'Ebit del segmento automotive, atteso ora al 7% rispetto alla precedente previsione compresa tra l'8% e il 10%. Anche Fca, in occasione della seconda trimestrale dell'anno, coincisa, il 25 luglio scorso, con la scomparsa di Sergio Marchionne e il debutto forzato di Mike Manley in qualità di ad, aveva dovuto rivedere gli obiettivi per il 2018 su ebit e ricavi. A pesare, nell'occasione, i problemi del gruppo in Cina e i risultati di Maserati. La saga dei profit warning ha coinvolto, lo stesso giorno, anche Gm. Le ragioni che hanno portato il colosso di Detroit ad abbassare da 6,5 a 6 dollari per azione le stime di utile netto: i maggiori costi delle materie prime e l'effetto cambi negativo in America Latina.

Anche la componentistica non ha mancato l'appuntamento con l'allarme utili. È il caso della tedesca Continental (vendite in calo e costi in salita) che lo scorso 22 agosto, con il taglio delle stime su vendite e margini per l'anno in corso, ha mandato in tilt l'intero comparto, contagiando anche il titolo Pirelli, e quello dell'auto.

L'attenzione è rivolta ora alle prossime trimestrali. Sta di fatto che, dazi ed effetto cambi a parte, l'approccio dei costruttori con la «nuova» mobilità sarà molto caro. Solo per gestire l'elettrificazione del settore, l'industria automobilistica sarà costretta infatti a investire, a livello mondiale, 255 miliardi di dollari nei prossimi 8 anni. Mediamente 10 volte in più di quanto non abbia fatto negli ultimi 8 anni. Lo dice lo studio 2018 sull'automotive di AlixPartners.

«Tutto questo - avverte Giacomo Mori, managing director della società - finirà per pesare sui margini di profitto».

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