Economia

Anche la Ue dà l'ok ad Arcelor-Ilva

Il braccio di ferro con la Regione Puglia. Solo il governatore pd Emiliano non vuole salvare il gruppo. L'appello dei sindacati

Anche la Ue dà l'ok ad Arcelor-Ilva

Sulla strada che porta i franco-indiani di Arcelor Mittal verso l'Ilva resta solo il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e il suo ricorso al Tar. La vendita alla cordata AmInvestco (guidata da Arcelor Mittal, a cui si affiancheranno anche Cdp e Intesa Sanpaolo) che salverà 10mila posti di lavoro con un investimento di oltre 4 miliardi è stata benedetta anche dalla Ue: «Non c'è il rischio che si configurino nuovi aiuti di Stato». La Commissione europea ha riconosciuto «la piena legittimità concorrenziale della procedura di gara culminata con l'assegnazione di Ilva ad Arcelor Mittal»: tanto in ragione della disciplina prevista per la gara, quanto in relazione ai criteri di selezione effettivamente applicati ad opera dell'amministrazione straordinaria. In particolare, la decisione attesta che «l'aggiudicazione assicura che tutte le risorse dell'acquirente vadano a beneficio dell'esecuzione del piano industriale e ambientale di Ilva, nonché dei suoi creditori». Un semaforo verde che suona ancor più beffardo per il governo alle prese con una crisi tutta «interna». A mettersi di traverso all'operazione di vendita è praticamente ormai solo il presidente Pd della Regione Puglia che, nelle ultime settimane, è andato allo scontro diretto con il governo con un ricorso capestro al Tar. Una situazione paradossale se si pensa che governo e governatore sono dello stesso partito e che lo scontro rischia di mandare a monte l'intero polo siderurgico italiano. A tentare di fare da pacere anche i sindacati che ieri in una lettera congiunta hanno chiesto il «ritiro del ricorso e il ritorno al dialogo» indicando l'operazione di vendita come «un'occasione da non perdere per il Paese, i lavoratori e i cittadini di Taranto».

In parallelo, sempre ieri, l'Antitrust ha completato l'indagine sulle misure di sostegno a favore dell'Ilva, concludendo che i due prestiti concessi dall'Italia nel 2015 comportavano aiuti di Stato illegali. L'Italia deve ora recuperare dall'Ilva «l'indebito vantaggio», di 84 milioni. Lo fa sapere la Commissione, precisando che «le altre misure di sostegno non comportavano aiuti di Stato», e che la decisione «non interferisce con l'attuazione delle misure ambientali», né con la procedura di vendita. Una buona notizia per il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che ha ricordato come «gli 84 milioni siano una piccola parte su 2 miliardi complessivi».

Sul caso degli aiuti di Stato illegali la commissaria Margrethe Vestager, responsabile della concorrenza, ha indicato che «la migliore garanzia di sostenibilità futura della produzione siderurgica dell'area di Taranto consiste nella cessione degli attivi dell'Ilva a condizioni di mercato perché l'impresa non può dipendere dal sostegno artificiale dello Stato». L'indagine era stata avviata dopo che, nel 2014 e 2015, la Ue aveva ricevuto quattro denunce dai concorrenti del mercato, secondo le quali l'Ilva aveva ricevuto sostegni finanziari che drogavano il mercato.

Incassato il via libera europeo, continua ad andare avanti il confronto tra le parti. Si svolgerà regolarmente il tavolo previsto per oggi al Mise con i sindacati sul piano industriale di Arcelor Mittal. L'appuntamento era stato inizialmente annullato dal ministro Calenda dopo che il governatore Emiliano e il sindaco di Taranto avevano ribadito che non avrebbero ritirato il ricorso. La nuova convocazione è arrivata ieri insieme a quella di un secondo tavolo, il 10 gennaio, per avviare il confronto sulle unità produttive.

Resta invece sospeso il vertice governo-enti locali.

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