Economia

Arriva l'assegno ridotto per chi lascia in anticipo: così cambia la pensione

Chi vuole andare in pensione prima della soglia fissata dalla Fornero, prenderà meno: ecco tutti i calcoli

Pensionati in attesa in un ufficio dell'Inps
Pensionati in attesa in un ufficio dell'Inps

La flessibilità sulle pensioni non sarà a costo zero. Almeno queste sono le intenzioni del ministro del Welfare Giuliano Poletti. Chi viole lasciare il lavoro prima rispetto alla soglia fissata dall'es ministro Elsa Fornero incasserà un assegno più basso, ma lo Stato dovrà farsi carico di un compensazione parziale. Ma l'idea di far tirar fuori (altri) soldi alle casse pubbliche trova fortissime resistenze anche all'interno dello stesso governo Renzi.

Stando alla proposta dei piddì Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta, la pensione viene tagliata del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 66 anni fissati dalla legge. Ora, come spiega il Corriere della Sera, la proposta è di slegare il taglio da una percentuale fissa facendola crescere progressivamente con il numero degli anni di anticipo: chi esce un anno prima subirà una decurtazione del 2%, chi esce due anni prima del 5%, chi esce tre anni dell’8% e così via. In questo modo il governo punta a ridurre i costi e, quindi, far meno fatica a trovare le coperture economiche da inserire nella legge di Stabilità. Secondo il presidente dell’Inps Tito Boeri, la riforma del sistema previdenziale costerebbe grosso modo 8,5 miliardi di euro. "Quella stima è irrealistica - replica Damiano - perché ipotizza che tutti i lavoratori con 62 anni di età e 35 di contributi decidano di andare subito in pensione". Secondo il presidente della commissione Lavoro della Camerao, "l’Inps non ha tenuto conto dei risparmi in termini di meno cassa integrazione, meno mobilità, e meno poveri da aiutare".

Secondo il Corriere della Sera, sul tavolo del governo sarebbero finite anche altre ipotesi per assicurare un assegno meno magro a tutti i pensionati, non solo a chi esce prima del devuto. Tra queste ipotesi c'è, appunto, la proposta di rivedere il riscatto della laurea ricalcolando la somma da versare sulla base dello stipendio che prende. Una sorta di "riscatto modulare" che permette di decidere quanto versare e, di conseguenza, di quanto far crescere l'assegno. Al vaglio anche l'ipotesi di far versare direttamente all’azienda a versare i contributi ai lavoratori che lasciano in anticipo.

"La somma - annuncia il Corriere della Sera - non solo non sarebbe tassata ma potrebbe essere anche scaricata dalle tasse".

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