Economia

Atlante vuole Vicenza-Veneto spose

Penati scrive ai cda e chiede i piani per chiudere entro l'anno. Bomba licenziamenti

Atlante vuole Vicenza-Veneto spose

Il cantiere per arrivare alla fusione tra Veneto Banca e Popolare Vicenza è in rapida accelerazione. Non solo i vertici dei due istituti si sono visti ieri sotto lo sguardo del fondo Atlante, che li controlla, per studiare la fattibilità dell'operazione entro fine anno (fissata la road map che prevede un altro incontro la prossima settimana) ma lo stesso fondo, ne ha già benedetto le nozze.

L'ordine, seppur enunciato nei toni paludati dell'«opportunità» - è contenuto in una lettera riservata che Quaestio, il braccio operativo di Atlante, ha inviato ai board dei due istituti che ha salvato dal bail-in sborsando 2,5 miliardi circa. «È opportuno valutare un possibile scenario di fusione» e identificare «chiaramente le sinergie rispetto a una situazione di stand alone», dettaglia nella missiva il presidente di Quaestio, Alessandro Penati indicando il termine di fine anno per la presentazione dei piani industriali al 2019 da sottoporre alla Bce. Ed è proprio il fiato della Vigilanza a farsi sempre più pressante, come ha indirettamente ammesso di recente il presidente di Vicenza, Gianni Mion, rimarcando che serviranno altri soldi per il rilancio. Dopo le ispezioni dell'Eurotower nei due gruppi, si parla di accantonamenti sui crediti per 2 miliardi. Denaro difficile reperire, visto il cahier de doleance che Guzzetti ha compilato sui mancati sottoscrittori di Atlante. Da qui l'avvio del processo di avvicinamento confermato dal presidente di Veneto Banca, Beniamino Anselmi dopo il summit tenutosi a Milano.

Nella sua lettera Penati va quindi oltre, chiede un piano che assicuri un «definitivo rinnovamento e rilancio», «suggerisce» la creazione di un comune «stearing commitee». Insomma un direttorio «funzionale ed efficace», che assicuri l'«indispensabile coordinamento». L'obiettivo è soppesare al più presto «le sinergie» rispetto all'alternativa della sopravvivenza in autonomia. In altre parole i risparmi connessi al taglio al personale già paventati da Mion, lasciando presagire i 1.500 licenziamenti. Tra i sindacati si stima che unendo i due gruppi del nord est, i dipendenti di troppo saranno almeno 2.400 (900 quelli di Veneto Banca). Il problema è che i 670 milioni di aiuti stanziati in Finanziaria, saranno in buona parte assorbiti da Mps. Sarebbe la prima volta che un addetto del credito finisce sul marciapiede anzichè scivolare in prepensionamento tramite il fondo esuberi. I sindacati Fabi, Fisac, First e Uilca - rassicurati solo pochi giorni fa da Veneto Banca, sono in guerra.

«Se hanno il coraggio prima di dichiarare gli esuberi, la legge prevede lo stato di crisi - attacca il capo della Fabi, Lando Maria Sileoni - Certi personaggi sono abituati, in tanti anni di carriera, a raccontare storielle e bugie, con noi cascano male».

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