Economia

Atlantia punta 16,3 miliardi per conquistare Abertis

L'offerta prevede 16,50 euro ad azione e c'è l'opzione in carta. Ma gli spagnoli frenano: «Opas non richiesta»

Sedici miliardi e 300 milioni. È il valore dell'offerta pubblica di acquisto e di scambio lanciata da Atlantia (+2,48% il titolo in Borsa a 24,8 euro) sul 100% della spagnola Abertis.

L'obiettivo è dare vita a un maxipolo delle infrastrutture presente in 19 Paesi, con oltre 14mila chilometri di autostrade e 60 milioni di passeggeri tra Fiumicino, Ciampino e gli aeroporti della Costa Azzurra più il controllo del sistema di pagamenti del Telepass e le torri di trasmissione Cellnex. Insomma, un gigante con circa 36 miliardi di capitalizzazione, un giro d'affari annuo di oltre 10 miliardi e utili per 2,2 miliardi.

Tecnicamente, l'offerta prevede un corrispettivo interamente in denaro pari a 16,50 euro per ciascuna azione Abertis portata in adesione, ferma restando la possibilità per gli azionisti spagnoli di optare, in tutto o in parte, per una parziale alternativa in azioni. Questa opzione è sulla base di un rapporto di scambio di 0,69 azioni Atlantia per ogni azione Abertis, determinato sulla base di un valore per azione di Atlantia assunto pari a 24,2 euro, in linea con il prezzo di Borsa alla chiusura di venerdì rettificato per tener conto dello stacco della cedola il 22 maggio prossimo (ieri ha chiuso la seduta a 24,8 euro con un +2,48%). Secondo gli analisti di Equita l'offerta in azioni «sembra diretta a Caixa», che ha il 22,5% di Abertis, in quanto assicura la nomina di 3 membri del cda. Il target dell'offerta è il 50% più una azione Abertis.

L'esborso cash per il gruppo controllato dalla famiglia Benetton può andare da 6,5 miliardi (in caso del 50%+1 di adesioni e 10% di componente azionaria) a 14,7 miliardi (100% di adesioni a 10% di componente azionaria). In ogni caso, dettaglia il comunicato di Atlantia, «l'integrale finanziamento dell'operazione è stato già assicurato da un pool di primarie banche e istituzioni finanziarie» tra cui Intesa e Unicredit. «In queste settimane - ha commentato l'ad, Giovanni Castellucci - abbiamo lavorato alla messa a punto di un'offerta che confidiamo possa essere considerata attrattiva per gli azionisti, gli stakeholders ed il management di entrambe le società. Pensiamo di esserci riusciti. Dal canto suo, il cda di Abertis ha definito l'offerta «non richiesta» e aggiunto che non si pronuncerà «fino a quando non sarà legalmente obbligatorio».

Del resto, undici anni fa erano stati gli spagnoli a tentare l'assalto all'allora Autostrade spa: il 24 aprile 2006 le due società annunciarono una fusione alla pari da 45 miliardi ma la politica si mise di traverso. Antonio Di Pietro, l'allora ministro delle Infrastrutture del governo Prodi, mandò nelle secche le nozze cambiando le regole della concessione. L'accusa ai Benetton? Una vendita mascherata perché per i primi tre anni l'ad e la sede sarebbero stati spagnoli. Un altro tentativo era andato a vuoto nel 2009 sulla Sias quando gli spagnoli avevano messo sul tavolo degli eredi di Marcellino Gavio 1,3 miliardi per prendersi la Torino-Milano, offerta poi rifiutata. Ora le parti si sono invertite con gli spagnoli diventati prede.

CC

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