Economia

Aumento Mps appeso al referendum

Operazione da 5 miliardi, ma si aspetta il 7 dicembre. Il giallo della «clausola Brexit»

Aumento Mps appeso al referendum

Monte Paschi accelera la caccia del cavaliere bianco disposto a fare da «perno» del maxi-rafforzamento patrimoniale da 5 miliardi, atteso al via il 7-8 dicembre. Un passo considerato fondamentale per avviare il percorso ufficializzato ieri dall'ad Marco Morelli insieme al nuovo piano industriale che promette 1,1 miliardi di utili al 2019, accanto alla chiusura di 500 filiali e 2.600 esuberi. L'impegno dell'anchor investor potrebbe essere di 1-1,5 miliardi, cui sommare un paio di miliardi dalla conversione dei bond subordinati e altrettanti di mezzi freschi.

L'altra grande incognita è il referendum del 4 dicembre: Morelli ha definito «inutile» commentare l'esito della consultazione popolare, ma la fattibilità dell'intero impianto resta appesa all'impatto del voto sul listino. Come era accaduto con la Brexit, è la cosiddetta clausola di macro condition e «anche noi l'abbiamo», ha confermato l'ad, aggiungendo che la banca pagherà il consorzio di garanzia solo se ci sarà l'operazione. A dicembre si giocherà, quindi, sia la credibilità del governo sia il destino della terza della banca del Paese, di cui lo Stato possiede il 4% come eredità dei Monti bond.

Il road show proseguirà a Londra e New York, ma la prima risposta del mercato non è delle migliori. Dopo uno strappo di oltre il 20%, il titolo ha infatti cambiato direzione proprio mentre Morelli illustrava il piano e poi ha chiuso in calo del 14,99% a 0,29 euro tra volumi pari al 12% del capitale. Gli investitori, hedge fund in testa, hanno iniziato a monetizzare i guadagni (Mps è raddoppiato in pochi giorni) mentre nelle sale operative si affaccia qualche perplessità sull'avanzamento dell'iter di risanamento della banca. Mps ha chiuso i nove mesi con un inaspettato rosso di 849 milioni, dopo un'altra pulizia di bilancio per 750 milioni; giù i ricavi (-16,6%).

La road map senese prevede l'assemblea dei soci il 24 novembre, con una probabile raccolta delle deleghe di voto per garantire il quorum. Subito dopo ci sarà la conversione volontaria del debito subordinato e quindi la ricapitalizzazione e la cessione di 27 miliardi di sofferenze. Le azioni saranno raggruppate 100 a 1 e non ci sarà il diritto d'opzione. I vecchi azionisti avranno solo una prelazione, come fosse un'Ipo. Non ci saranno corsie preferenziali per analizzare i conti, ha poi assicurato Morelli, dando un'indiretta risposta a Corrado Passera sostenitore di un «piano B» per il rilancio.

Gli investitori sono chiamati a puntare sulla Rocca sulla scorta del nuovo piano industriale che punta su una maggiore spinta commerciale e sulla multicanalità: nel 2018 i conti dovrebbero tornare in utile per un miliardo, quindi 1,1 miliardi l'anno successivo a fronte di ricavi per 4,5 miliardi (+5%) e a un Cet 1 al 13,5%. I costi scenderanno a 2,2 miliardi (-8%), con la riduzione da 2mila a 1.500 filiali e il taglio di 2.600 addetti, oltre il 10% dell'organico (25mila). Mps sarà tra le prime a sfruttare i 670 milioni di aiuti che il governo stanzia in Finanziaria, ma verserà anch'essa 550 milioni sul Fondo esuberi. Previste poi 300 assunzioni. Le uscite «dovranno essere tutte volontarie e incentivate», ha detto il capo della Fabi Lando Maria Sileoni.

lntanto l'Icbpi ha presentato un'offerta per comprare, per 520 milioni, le attività di gestione dei pagamenti delle carte di credito.

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