Economia

Aut aut della Lufthansa per l'Alitalia

"Basta indugi o la compagnia sparirà". Le condizioni: subito 3mila tagli e poi si vedrà

Aut aut della Lufthansa per l'Alitalia

«Fare presto. O dell'orgogliosa Alitalia non resterà più nulla». Arriva da Francoforte la lugubre profezia, all'indomani dell'uscita di scena di Air France: Lufthansa rientra condurezza, ricandidandosi sempre alle stesse condizioni e approfittando di un quadro sempre più confuso (tanto che ormai serpeggia la convinzione che le decisioni saranno prese solo dopo le elezioni politiche). Ieri in un'intervista al quotidiano economico Handelsblatt, la compagnia tedesca ha ribadito per bocca del membro del cda Harry Hohemeister la propria posizione: «Siamo interessati all'Alitalia, ma a un gruppo ristrutturato, che sia di successo a lungo termine. Credo che i dipendenti abbiamo bisogno finalmente di una prospettiva». Ma nell'immediato questa prospettiva si traduce in un taglio «di 3mila posti di lavoro» che poi, nel corso di una ristrutturazione, potrebbero facilmente aumentare. «Finora - dice Hohemeister non ho ancora sentito dire che quello che offre Lufthansa sia così problematico da non potersi accettare». Ma non accenna all'aspetto più spinoso, e cioè al controllo: Lufthansa non ha mai fatto mistero che la propria condizione è quella di gestire la compagnia da socio di maggioranza, con almeno il 51%, mentre il governo ha sempre sostenuto che la maggioranza deve restare in mani italiane, pubbliche o parapubbliche.

Lufthansa, inoltre, intende ridurre pesantemente la flotta, dagli attuali 118 aerei a non più di 80, incidendo in maniera drastica sull'operatività di Alitalia, la cui autonomia resterebbe solo nel nome: tutto farebbe capo a Francoforte. La convinzione di Hohemeister è che «se questo tergiversare durerà ancora a lungo, dell'orgogliosa Alitalia non rimarrà più nulla». E aggiunge: «Non abbiamo la sensazione che si stiano svolgendo le discussioni giuste».

La partita è ingarbugliata, e il tempo ha permesso anche di accertare che non c'è la fila di compratori, come all'inizio si era cercato di accreditare; qualcuno ricorderà che si erano fatti circolare (ad arte) nomi di compagnie cinesi e persino della Boeing, quando invece un costruttore di aerei deve mantenere terzietà di fronte alla propria clientela. Al tavolo delle trattative, che oggi hanno la regia di FS, gli interlocutori si sono diradati, e l'ultimo a sfilarsi sembra essere Air France, che pareva pronta a impegnarsi insieme a Delta. Appare paradossale che il governo italiano, da un lato così interessato a sistemare la vicenda Alitalia, dall'altro litighi con Parigi facendo ritirare uno dei potenziali acquirenti. Vedremo su questo punto che cosa dirà giovedì ai sindacati il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, peraltro indebolito dopo le elezioni d'Abruzzo visto il risultato rimediato dai pentastellati.

L'interesse dell'americana Delta resta legato alla presenza di un partner europeo al posto di Air France. Torna in gioco la low cost britannica EasyJet, che in questa fase «non commenta», ma che ha sempre dichiarato interesse per «un'Alitalia ristrutturata o meglio, smembrata, cioè il contrario degli obiettivi del governo. EasyJet rileverebbe aerei e diritti relativi al traffico a breve e medio raggio, mentre Delta si dedicherebbe al lungo; la low cost è interessata, in particolare, al portafoglio di slot di Alitalia a Linate.

Se riuscisse nel suo intento, l'aeroporto milanese verrebbe pressoché monopolizzato dalla compagnia arancione, già primo vettore a Malpensa, che darebbe un durissimo colpo alla concorrente Ryanair, e all'aeroporto di Orio al Serio, dove questa è basata.

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