Economia

Sugli aiuti di Stato alle banche decide la Corte di giustizia Ue

Commissione e Bce ora aprono alla possibilità di aiuti statali alle banche in difficoltà. E si preparano a una linea morbida contro gli sforamenti al tetto del deficit di Spagna e Portogallo

Sugli aiuti di Stato alle banche decide la Corte di giustizia Ue

"Per migliorare la stabilità delle banche, occorre superare alcune imperfezioni del mercato con un po' di sostegno pubblico." Se ce lo avessero detto solo due anni fa non ci avremmo creduto.

Chi avrebbe creduto infatti che queste parole potessero arrivare direttamente dal vicepresidente della Banca centrale europea Vitor Costancio? Ma soprattutto, chi potrebbe dire che quella della lotta al rigore è ormai la linea ufficiale non solo della Bce, ma anche della Commissione Europea targata Juncker?

Una data da segnare sul calendario è quella del 19 luglio, quando la Corte di Giustizia dell'Unione Euoropea deciderà sul caso Slovenia, che nel 2013 decise di salvare le banche in difficoltà, col sacrificio dei detentori di obbligazioni subordinate. Se la Corte - come è previsto - dovesse confermare le conclusioni tratte dall'avvocato generale Nils Wahl, gli aiuti di Stato potrebbero non essere più subordinati alla ripartizione degli oneri fra azionisti, obbligazionisti e correntisti oltre i centomila euro. In pratica un rovesciamento del bail-in, che invece prevede l'azzeramento di titoli e obbligazioni in caso di aiuti.

Sul tema, ricorda il Corriere della Sera, si era già espresso nel 2013 Mario Draghi, che aveva espresso preoccupazioni proprio sui rischi a cui sarebbero stati sottoposti i detentori di bond subordinati "nel contesto di ricapitalizzazioni precauzionali". All'epoca la Commissione rispose che tutto era già stato previsto nelle nuove regole sui salvataggi bancari.

Bce e Commissione spingono per gli aiuti

Nel caos del post-Brexit, però, con diversi Paesi che sembrano sul punto di cedere alle sirene secessioniste che cantano a Londra, gli alti papaveri della politica e dell'economia europee sembrano aprire alla possibilità di nuovi aiuti di Stato alle banche dei Paesi in difficoltà. Il primo segnale è arrivato dalla Bce, che ha accennato alla possibilità di sanzioni praticamente solo simboliche contro Spagna e Portogallo, i cui sforamenti pluriennali al tetto del deficit sono ormai stati acclarati.

Non solo. Il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis ha sì confermato che la multa "verrà probabilmente ridotta a zero", ma ha anche aperto uno spiraglio alle richieste dell'Italia di una maggiore flessibilità sull'intervento pubblico nei salvataggi bancari (Roma nel frattempo tratta con Bruxelles sulla questione Mps). Le parole grosse contro Matteo Renzi sarebbero insomma solo un invito a non alzare troppo la voce sui rischi implicati in una forte esposizione sui derivati del sistema bancario tedesco.

A difendere la trincea del rigorismo duro e puro è rimasto in pratica solamente il presidente olandese dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che ha attaccato l'Italia ricordando che sugli aiuti pubblici alle banche "non si torna indietro". Peccato che prima del 2011 la prima ad approfittare di questi aiuti - all'epoca, sì, leciti - era stata proprio la Germania.

Eppure sono proprio i tedeschi e i loro alleati nord-europei, capitanati dall'ultra-falco Wolfgang Schaeuble, a insistere per il rigore più rigoroso. Una linea che finora si è sempre imposa.

E che ora sembra scricchiolare sotto il peso della Brexit, della crisi e dell'euroscetticismo in continua crescita.

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