Economia

Banche venete ai tempi supplementari

Per la transazione proroga a martedì: le adesioni arrivate fanno sperare. Sennò scatta il bail in

Banche venete ai tempi supplementari

Cinque giorni in più per portare a casa anche l'ultima adesione, convincere anche l'ultimo indeciso e portare in filiale chi ancora non si è fatto vedere nemmeno per leggere i moduli dell'offerta. Con orari prolungati fino alle 18.45 nei giorni feriali e apertura straordinaria fino alle 13.30 di sabato 25. È la mossa decisa ieri dai vertici di Pop Vicenza e Veneto Banca che hanno prorogato i termini per le offerte (scaduti ieri pomeriggio) fino a martedì 28. Operazione vitale per i due istituti che devono arginare gli accantonamenti in bilancio per gli eventuali rischi legali. Più è profondo il rosso per il 2016 - su cui pesano anche i costi e le svalutazioni dei crediti deteriorati - più si alzerà l'asticella del capitale richiesto dalla Bce e meno sarà agevole per lo Stato ricevere l'ok dalla Commissione Ue alle ricapitalizzazioni precauzionali. Se il piano dei nuovi vertici non funzionerà, le due venete finiranno in risoluzione. Ergo: scatterà il bail in. La nuova «ora x» è fissata per le 13.30 di martedì 28 marzo. Lo stesso giorno in cui si riuniranno i cda delle due banche per approvare i bilanci 2016.

La decisione è stata presa «in considerazione del crescente numero di accordi sottoscritti negli ultimi giorni», si legge nei comunicati. Alle 13,30 di ieri, la Pop Vicenza aveva raccolto adesioni pari al 65,44% delle azioni coinvolte nel perimetro dell'offerta mentre quella di Veneto Banca al 64%. Nei dati è stata compresa la percentuale di soci irreperibili. Complessivamente hanno dunque aderito alla proposta 115.200 soci, di cui 63.300 della Vicenza e 51.900 di Montebelluna su una platea di circa 169 mila azionisti. Al netto degli irreperibili e delle posizioni già oggetto di specifica analisi al di fuori dell'offerta le adesioni alla transazione scendono al 64,04% per l'istituto berico e al 62% per Veneto Banca. Alla soglia dell'80% annunciata il 9 gennaio, quando sono stati messi sul piatto 660 milioni per venire incontro ai vecchi soci, manca ancora un 15%. Che però in bilancio vale qualche centinaio di milioni.

Il rischio bail-in fa tremare tutti. Tremano i piccoli azionisti che rischiano di rimanere col cerino in mano. Trema il Tesoro che ha chiesto ai controllori europei di poter replicare il copione senese e aprire il paracadute pubblico per le due banche, già salvate l'anno scorso grazie all'intervento del fondo Atlante. E non vuole imporre altre perdite impopolari ai risparmiatori traditi dalla passata gestione degli istituti. Tremano Bce e Commissione Ue che sono al primo test sulle nuove regole per gestire le crisi bancarie applicate con la direttiva Brrd. Trema anche il fondo guidato da Alessandro Penati che non può chiedere altri «oboli» ai suoi grandi soci come Intesa e Unicredit.

Trema, infine, l'intero sistema che non può permettersi di assorbire una nuova onda d'urto scatenata dal collasso di quelli che un tempo erano i «polmoni» finanziari della locomotiva industriale veneta.

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