Economia

Bankitalia lancia un siluro alla Bce

Il vicedirettore Panetta: «Basta con i cambi continui sui requisiti patrimoniali: così si frena il credito»

Bankitalia lancia un siluro alla Bce

A Fabio Panetta, vicedirettore generale di Bankitalia, l'arte della diplomazia è quasi estranea. Tanto Palazzo Koch è felpato nel dichiarare, quanto lui è rock nell'affermare. Via le perifrasi, banditi gli eufemismi: fino al punto di non mandarle a dire neppure a Mario Draghi. E non una volta sola. Il meccanismo adottato per gli stress test aveva già scavato un solco tra l'Eurotower e l'ex pupillo di Carlo Azeglio Ciampi. Che ora torna alla carica con rinnovato vigore dalle colonne di Repubblica : «Non si può pensare di risolvere i problemi aumentando in modo continuo, indiscriminato ed eccessivo i requisiti di capitale, frenando ancora l'offerta di credito».

Parole appuntite che rimandano alla lettera con cui, all'inizio di gennaio, la Bce ha disposto un innalzamento del coefficiente patrimoniale minimo (Cet 1 ratio) per gli istituti italiani dal 7 al 10,6% del capitale. Dopo gli stress test, la media tricolore sarebbe attorno all'11%. Ma, ovviamente, non tutte le banche rientrerebbero nei requisiti richiesti. Ancora non è chiaro se, per esempio, Mps (bocciata da Francoforte, insieme con Carige) riuscirà a superare l'asticella una volta andato in porto l'aumento di capitale programmato.

Ma le preoccupazioni di Panetta potrebbero essere ben altre. Ovvero, che la mossa della Bce costituisca un precedente: d'ora in poi, insomma, il rischio è che la Banca centrale guidata da Draghi possa ribaltare in qualsiasi momento le regole del gioco. In particolare, la possibile eliminazione delle attuali eccezioni contabili (dette anche «discrezionalità») con cui si «ammorbidiscono» i bilanci esporrebbe anche istituti come Mediobanca (si pensi alla valutazione del 13,4% posseduto in Generali, finora calcolato su valori non certo da scenario avverso), Unicredit e Intesa Sanpaolo, i cui ratios sono al momento a posto, al pericolo di dover ricapitalizzare.

In tutti questi mesi i crescenti malumori delle banche sono risaliti fino ai piani alti di Bankitalia. E il mood è probabilmente peggiorato dopo che Visco ha puntato il dito contro gli «ingaggi» dei manager, criticato l'efficienza della governance nelle grandi banche e appoggiato la riforma delle banche popolari. Con il crescere del senso di incertezza e di precarietà, con gli obblighi patrimoniali sempre più pressanti, aumenta il rischio che, considerato il già elevato livello delle sofferenze (180 miliardi di euro), le banche scendano definitivamente in trincea. Insomma: prestiti a famiglie e imprese concessi ancor più col contagocce.

Un paradosso, se solo si pensa che la Bce ha varato il quantitative easing anche con l'obiettivo di trasferire maggiore ricchezza all'economia reale. Panetta, per ora, dice che il «Qe sta funzionando». Ben sapendo, però, che proprio il sistema del credito resta l'anello debole. E poi, sullo sfondo, resta l'irritazione di Bankitalia che avrebbe voluto una condivisione dei rischi, da parte dell'Eurotower, ben superiore al 20% stabilito. Un prezzo pagato da Draghi all'ostilità nei confronti dell'acquisto di bond sovrani da parte della Germania e degli altri falchi.

Via Nazionale farà comunque la sua parte, acquistando «più di 120 miliardi di titoli pubblici», disponendo «gli accantonamenti per i rischi di mercato».

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