Economia

La Borsa parte piatta: pesa il super-euro

Il listino va prima su, poi molto giù, ma chiude quasi pari. Valuta unica ai massimi

La Borsa parte piatta: pesa il super-euro

Super euro e super greggio sono stati i protagonisti ieri di una prima seduta dell'anno in Piazza Affari all'insegna della volatilità. Dopo un iniziale calo - causato dal possibile impatto sui conti dei gruppi più esposti alle esportazioni in dollari e dalla lievitazione dei costi dell'energia (dai minimi di giugno il greggio ha rimbalzato del 50%) - il mercato europeo è tornato a dare spazio ai segnali di fiducia provenienti sul fronte macroeconomico con la pubblicazione, a metà giornata, del pmi manifatturiero dell'eurozona attestatosi a 60,6 punti di dicembre, il dato migliore dal 1997. Parigi, Francoforte e Londra hanno registrato cali frazionali entro il mezzo punto percentuale.

Piazza Affari invece, che dallo scioglimento delle Camere sconta l'attesa per le elezioni del 4 marzo (lo spread è salito e ha chiuso a 163 punti), ha terminato la giornata quasi invariata: -0,04% a quota 21845. Con moda e alimentari deboli a causa del super euro (Autogrill ha perso lo 0,7%, Campari l'1,4% e Luxottica lo 0,7%), utilities e banche penalizzate dall'aumento dei rendimenti sulle obbligazioni. «Mi aspetto un mercato estremamente volatile nei prossimi mesi: Milano sarà l'osservata speciale, ogni sondaggio sulle elezioni politiche, prevedibilmente, muoverà il mercato. L'appuntamento italiano potranno essere determinanti per l'intera Europa», sostiene Vincenzo Longo di Ig che suggerisce di operare con molta prudenza.

Ieri l'euro ieri si è spinto fino a 1,2083 dollari (da 1,2028 di fine anno), sui massimi da settembre e a un soffio dai livelli del dicembre 2014. E il trend potrebbe proseguire nei prossimi giorni con la valuta comune che, secondo gli esperti, potrebbe spingersi a 1,21 dollari, sui massimi degli ultimi tre anni, sull'onda della crescita europea e della riduzione del Qe, ovvero degli aiuti della Bce ai mercati. «L'euro potrebbe testare quota 1,21 sul dollaro anche se penso che la Bce non consenta alla valuta comune di rafforzarsi così rapidamente sul biglietto verde, mettendo sotto pressione gli esportatori europei. Per questo mi attendo un rapporto euro-dollaro intorno a 1,20 fino alla primavera, mentre un'ulteriore spinta potrebbe poi portare l'euro a 1,25-1,27», prosegue Longo. Tre i fattori determinanti sul fronte dei cambi: il raggiungimento al Congresso Usa dell'accordo sul tetto al debito pubblico così da rifinanziare quello in scadenza (provvedimento già slittato più volte); l'evoluzione delle operazioni speculative che sfruttano le differenze tra i tassi di interesse nel mondo, prendendo a prestito denaro nei mercati in cui costa meno e impiegandolo laddove ci sono tassi più elevati (il cosiddetto carry trade) e la politica monetaria della Fed e della Bce.

Osservato speciale poi il greggio. I disordini in Medio Oriente, oltre ai tagli dell'offerta da parte dei Paesi dell'Opec e della Russia, hanno spinto ieri l'oro nero ai massimi degli ultimi anni, per poi ripiegare leggermente in chiusura con il Brent a 66,3 dollari e il Wti a 60,1 dollari. Si tratta della prima volta dal 2014 in cui le quotazioni dell'oro nero inaugurano l'anno sopra i 60 dollari a barile.

E per gli analisti di Schork i prezzi del petrolio potrebbero salire ancora: «I crescenti disordini in Iran, tra i maggiori produttori di greggio ed esportatori di materie prime, preparano il terreno per un avvio rialzista del 2018», commentano gli esperti in uno studio.

Commenti