Economia

In Borsa riesplode la "mina" banche

Pesa l'ingorgo degli aumenti Mps e Unicredit, titoli giù. E oggi Siena "esamina" Morelli

In Borsa riesplode la "mina" banche

Il salvataggio del Monte dei Paschi, la stagione delle vendite avviata dal nuovo vertice di Unicredit per ridurre al minimo la richiesta di liquidità al mercato con un aumento miliardario da varare dopo quello di Siena. E poi la cessione ancora in alto mare di Etruria&c nonchè l'assemblea storica di Bipiemme che domani dovrà decidere se le nozze con il Banco Popolare «s'hanno da fare oppure no».

In pochi mesi, entro dicembre, il sistema bancario italiano si gioca il futuro. Il nervosismo in Borsa è dunque comprensibile. Ieri i titoli del credito sono tornati a soffrire insieme a tutto il listino, complice il ritorno dei timori sul rallentamento della Cina e la prospettiva di un intervento prossimo della Fed sui tassi. Colpite materie prime e finanziari. A Milano ha limitato i danni la già tartassata Mps (-0,52% a 0,17 euro) mentre il Banco Popolare (-4,69%) e Unicredit (-3,64%) sono finite anche in asta di volatilità: la prima invertendo insieme Bpm (-4,61%) la tendenza positiva delle ultime giornate, la seconda non aiutata dal collocamento di azioni Fineco (+5,58% a 5 euro) che ha messo fine alla pressione ribassista sulla controllata facendola ripartire.

Dalla cessione di un altro 20% avvenuta a 4,55 euro per azione, Unicredit ha incassato circa 552 milioni di euro. Secondo i broker di Intermonte, se il gruppo vendesse anche Pioneer e Pekao, il gap di capitale per raggiungere il 14% da colmare (nei prossimi tre anni) si ridurrebbe a 3,5-5,5 miliardi, compreso l'impatto dello smaltimento di 25 miliardi di euro di sofferenze.

I riflettori adesso sono appunto accesi sulla polacca Pekao (ieri scadeva il lock-up di 90 giorni dalla vendita di luglio) per la quale c'è l'interesse dell'assicuratore Pzu. Ma restano le distanze sul prezzo: 2,8-3 miliardi l'offerta, 3,5 miliardi la richiesta. Altro nodo è Pioneer le cui offerte vincolanti scadono i primi di novembre. Per l'asset management è in pole Amundi con Poste (insieme a Cdp e Anima) impegnata a restare in partita. Senza dimenticare le sofferenze, ovvero la cessione di un mega portafoglio di npl per 20 miliardi, affiancato dalle Gacs (ossia garanzie dello Stato). Poche le novità uscite dal cda del gruppo di Piazza Gae Aulenti che ieri ha fatto il punto della revisione strategica. La banca ha solo comunicato di avere verificato i requisiti di onorabilità e professionalità del consigliere Martha Dagmar Bockenfeld, cooptato il 22 settembre scorso.

L'agenda di Mps e Unicredit è fitta: oggi si riunisce il cda del gruppo senese sullo stato di avanzamento del piano industriale firmato dall'ad Marco Morelli, progetto che verrà approvato fra dieci giorni, cioè lunedì 24 ottobre. Sempre oggi il nuovo capo azienda sarà sottoposto all'esame sui suoi requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza, competenza e correttezza. Unicredit, invece, annuncerà la «manovra Mustier» il 13 dicembre a Londra spostando di fatto a gennaio l'assemblea straordinaria dei soci per deliberare sull'eventuale aumento di capitale, destinato a finire sul mercato non prima di febbraio. Nel mezzo, il 4 dicembre, ci sarà il referendum costituzionale.

Secondo gli analisti dell'agenzia Moody's, una vittoria del «no» comporterebbe un rischio per la fiducia degli investitori e renderebbe gli aumenti di capitale più difficili per le quattro banche più deboli, ovvero Mps, Carige, Veneto Banca e Popolare di Vicenza.

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