Economia

Carige, Malacalza parte in vantaggio

Ma con Mincione è guerra sul 15% di «indecisi». Il cda rischia la frammentazione

CInzia Meoni

È tutto esaurito, sold out, al Teatro della Corte di Genova dove stamattina sono attesi oltre 900 azionisti di Carige (per un capitale intorno al 70%) che hanno depositato i titoli per rinnovare il cda. L'atmosfera è elettrica dopo un'estate bollente, costellata dalle dimissioni dei membri del precedente board e da dichiarazioni di guerra dei protagonisti cui si sono sommati i ricorsi in tribunale e alle autorità di Vigilanza e il richiamo della Bce, che ha dato tempo al primo istituto ligure fino a novembre per presentare un piano di sostenibilità del capitale. L'alternativa se Carige non soddisferà le richieste della Bce? Per Moody's è una: la risoluzione.

Tornando alla sfida in corso per il cda, salvo imprevisti, sulla carta il vincitore all'assise di oggi dovrebbe essere Vittorio Malacaza (al 27,55% del capitale) chiamato per la quarta volta in tre anni a decretare il vertice dell'istituto ligure: Pietro Modiano alla presidenza e Fabio Innocenzi nel ruolo di ad. La decisione di Bankitalia, confermata ieri dal Tribunale, di congelare al 9,99% dei diritti di voto la quota in mano a Raffaele Mincione, Aldo Spinelli e Gabriele Volpi (ufficialmente al 15,2% più probabilmente intorno al 20%), per la violazione delle normative previste dal Testo Unico Bancario, ha reso il ribaltone nell'azionariato e la conferma nel ruolo di ad di Paolo Fiorentino, una mission impossibile o quasi.

Solo il 15% del capitale atteso oggi in assemblea dovrebbe infatti essere libero da impegni e, anche se votasse all'unisono la lista Mincione, non sarebbe in grado di sovvertire l'esito. Il capitale «blindato», compreso il 3,1% in mano al Tesoro tramite la Sga, ammonta al 50,64% che tuttavia, ipotizzando arrotondamenti non ancora dichiarati effettuati nelle ultime settimane (a iniziare da Mincione), potrebbe essere salito al 55 per cento. Ciononostante l'assemblea potrebbe non essere risolutiva.

Il rischio, elevato, è quello che, dall'appuntamento con i soci, esca una compagine frazionata del vertice. Gli azionisti saranno chiamati prima di tutto a decidere il numero dei membri del cda che, in base allo Statuto, sono compresi tra 7 e 15. Una decisione tutt'altro che secondaria visto che il sistema di voto in Carige è proporzionale e che in campo ci sono quattro liste.

A contendersi fino all'ultimo oltre a Malacalza e alla lista di Mincione, ci sono infatti Coop Liguria (all'1,8% del capitale) e la lista di Assogestioni (presentata da Alleanza, Generali, Intesa Sanpaolo Vita e Anthilia, al 2,99%). Ieri i consulenti (proxy adviser) Iss e Glass Lewis hanno raccomandato agli istituzionali di appoggiare la lista di Assogestioni, mentre il Tesoro dovrebbe astenersi. Ipotizzando il numero minimo di consiglieri (7) e un voto che rispecchi l'attuale proporzione tra le liste, Malacalza si aggiudicherebbe 6 posti in cda mentre a Mincione ne resterebbe uno soltanto, se invece i consiglieri fossero 15, l'imprenditore piacentino ne nominerebbe 11, il finanziere italo-inglese 3 e Assogestioni uno. Se, con Assogestioni e Malacalza costanti, Mincione riuscisse a convincere almeno il 5% del capitale convenuto ad aderire alla propria proposta, il cda a sette membri vedrebbe un rapporto 5 a 2 per le due liste principali, mentre se i consiglieri salissero a 15 la composizione del board sarebbe di 9 membri della lista di Malacalza, 4 di Mincione e 1 da Assogestioni; l'ultimo posto conteso, a pari merito, tra i tre.

La decisione degli investitori istituzionali esteri di appoggiare la lista di Assogestioni, come suggerito dai consulenti, potrebbe tuttavia frazionare ulteriormente la composizione del consiglio di Carige.

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