Economia

Cdp salva i dividendi grazie alle Poste

Guzzetti: «Senza il conferimento, la Cassa avrebbe avuto problemi a pagare la cedola»

Massimo Restelli

Chi sospetta che il conferimento del 35% di Poste a Cassa Depositi da parte del Tesoro sia stato un indennizzo per il soccorso prestato dal gruppo guidato da Claudio Costamagna a Eni e Saipem, rimediando una minusvalenza da 450 milioni, ha ieri avuto una possibile conferma. Senza questa operazione Cdp avrebbe «avuto problemi» a distribuire «un dividendo» in linea con quello dell'anno prima. Lo ha messo in chiaro ieri Giuseppe Guzzetti, dominus delle Fondazioni attraverso l'Acri nonchè «salvatore» del sistema bancario tramite il Fondo Atlante. Gli enti posseggono il 18,4% della Cassa accanto all'80,1% del Tesoro, il resto sono azioni proprie.

In ultima analisi tra governo e Cdp ci sarebbe stato un do ut des. A essere maligni una mezza partita di giro, pensata per restituire solidità patrimoniale alla merchant bank di Stato che il governo Renzi sta schierando su tutte le partite che scottano: dal salvataggio di Pop Vicenza a quello atteso di Veneto Banca, dall'aiuto prestato a Saipem al possibile intervento sull'Ilva. Cassa ha chiuso il 2015 con un rosso di 900 milioni, contro l'utile di 2,2 miliardi di un anno prima. Nulla di illegittimo, sia chiaro, nella manovra dell'esecutivo per fare in modo di poter remunerare Fondazioni e lo stesso Stato attraverso il Tesoro, ma resta il fatto che le società al centro dello scambio, Poste e Saipem, siano quotate.

Le Fondazioni, ha ribadito Guzzetti, hanno in Cdp «due obiettivi: non scendere sotto la soglia rilevante per la governance e le modifiche statutarie (15%, ndr) e che i dividendi vengano corrisposti». Il conferimento di Poste ha appunto «permesso di distribuire» la cedola 2015 in linea con il 2014, «cosa che non era assolutamente scontata», anzi «ci sarebbero stati grossi problemi a mantenere la cedola».

I fronti aperti della Cdp sono numerosi, ma non stanno «ingolfando» la sua missione. È «chiaro che a fronte dei problemi del Paese, a partire da Atlante e Ilva, se non hai un soggetto che faccia da pivot per queste iniziative non vai da nessuna parte. Noi condividiamo questo ruolo. L'importante è che il conto economico sia in ordine». Costamagna, l'ad Fabio Gallia e il Mef «ci danno garanzie di buona amministrazione», ha assicurato l'uomo che come presidente Cariplo è garante, insieme a Giovanni Bazoli, degli equilibri di Intesa Sanpaolo.

Poi la difesa del ruolo delle Fondazioni nelle banche: custodiscono ormai a mala pena il 20% del capitale degli istituti del Paese ma se «possono garantire l'italianità non mi sembra sbagliato», ha proseguito Guzzetti rivendicando lo sforzo profuso in Atlante: «Senza i 536 milioni investiti dalle Fondazioni non si sarebbe raggiunta la soglia minima chiesta dalla Bce». E ci sarebbe stato il bail-in di Pop Vicenza.

Guzzetti apre, infine, il dialogo con M5S, dopo che il neo sindaco di Torino Chiara Appendino ha chiesto la testa di Francesco Profumo insediato al foto-finish da Fassino alla presidenza di Compagnia di San Paolo, prima azionista di Ca' de Sass. «Gli amministratori locali sono interlocutori importanti per le Fondazioni: hanno una legittimazione democratica mentre noi non siamo eletti.

Io credo che anche con M5S le Fondazioni potranno dialogare e, nel rispetto della reciproca autonomia, prendere decisioni importanti».

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