Economia

Chiesto il processo per i responsabili del crac Veneto Banca

Consoli e Trinca nel mirino della procura per aggiotaggio e ostacolo alla Vigilanza

Cinzia Meoni

Nei giorni della vendita degli asset in bonis di Veneto Banca e di Popolare di Vicenza a Intesa Sanpaolo per un solo euro e dei miliardi pubblici stanziati per evitare che deflagrasse la bomba del bail-in, qualcosa inizia a muoversi nelle aule di Tribunale.

La Procura di Roma ha infatti chiesto il rinvio a giudizio di Vincenzo Consoli, che è stato amministratore delegato di Veneto Banca tra il 2008 e il 2014 (e dirigente nello stesso istituto dal 1997) e di altri dieci ex manager del gruppo di Montebelluna, compreso l'ex presidente Flavio Trinca.

Il reato ipotizzato dai pm Maria Sabina Calabretta e Stefano Pesci, è quello di falsa rappresentazione alle autorità di Vigilanza per fatti avvenuti tra il 2012 e il 2014. La crisi di Veneto Banca era esplosa in parallelo a quella dell'altra malata Popolare Vicenza di Gianni Zonin, travolgendo i risparmi di molte famiglie del Nord est. Entrambi i gruppi erano poi finiti nelle braccia del Fondo Atlante, che vi ha iniettato 3,5 miliardi nel tentativo (fallito) di rimediare ai buchi lasciati dalle vecchie gestioni.

All'ex numero uno di Veneto Banca è stato ieri anche contestato di aver ostacolato l'esercizio delle funzione di vigilanza. Per il banchiere di Matera, Trinca, Diego Xausa e Michele Stiz, questi ultimi componenti del collegio sindacale nel 2014, è stato infine e ipotizzato il reato di aggiotaggio in quanto «ponevano in essere artifici idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo delle azioni di Veneto Banca (i titoli non sono mai stati quotati in Piazza Affari) che transitavano da 21,25 euro nel 2004 a 40,75 euro nel 2013 e che venivano poi rivalutate in sede di liquidazione dei soci in recesso (dicembre 2015) per un valore di 7,3 euro». Valutazioni «generose» considerando che, Atlante, con la ricapitalizzazione del 2016 aveva valutato i titoli 10 cent. Consoli insieme ad altri ex manager del gruppo, è stato già citato in giudizio da Montebelluna, con un'azione di responsabilità per il danno «spaventoso», calcolato in 2,3 miliardi.

In questo scenario, c'è chi si chiede che fine abbia fatto Gianni Zonin, ex numero uno del gruppo Vicentino che, nel frattempo, ha completato il passaggio generazionale della sua azienda ai figli. In poche parole, se in futuro dovesse mai emergere una qualsiasi responsabilità, la Zonin del vino sarebbe in salvo. Consoli e Zonin avevano condiviso le sorti l'ascesa, vent'anni fa, e la detronizzazione quando le due banche rischiavano di essere travolte dalla massa di sofferenze.

Improvvisamente, per i due «dogi» veneti sono poi esplosi gli scandali.

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