Economia

Costamagna e le sirene di Unicredit

Le operazioni della Cdp renziana e le mosse future del suo presidente

È passato quasi un anno dal ribaltone al vertice della Cassa Depositi e Prestiti. Ovvero da quando Claudio Costamagna è stato pubblicamente designato dal governo alla presidenza del braccio finanziario della politica industriale renzian, insieme con l'ad Fabio Gallia. Alla vigilia del primo anniversario, però, nei palazzi, non solo romani, sono cominciate a circolare con insistenza le voci più disparate che riguardano il banchiere noto per avere portato i galloni di Goldman Sachs ma anche per essere stato consigliere di Romano Prodi. «Il pressing del governo sta diventando irritante per Costamagna che è uno abituato a fare di testa sua», dicono rumors autorevoli, citando anche qualche tensionei fra il presidente e Gallia, benché i due siano stati visti andare d'amore e d'accordo nelle recenti occasioni pubbliche.

Altro indizio: Costamagna sarebbe uno dei banchieri sondati per prendere il posto di Federico Ghizzoni al timone di Unicredit (proprio lui che nel 2007 fu advisor della fusione con Capitalia, per conto dell'allora presidente della banca capitolina, Cesare Geronzi). Qualcuno ci avrà pure pensato, ma l'impegno con Cdp è totale, assicura chi gli sta vicino, e dunque l'invito è stato gentilmente declinato. In Cdp non commentano le indiscrezioni. Ma le voci, si sa, non circolano mai per caso. C'è quindi da chiedersi perchè vengano messe in giro. Forse per l'eccesso di dirigismo governativo in Cdp?

Il piano industriale 2016-2020 della Cassa prevede di destinare all'economia italiana 160 miliardi. In «pancia» ha già un ricco bouquet di partecipazioni che vanno dall'Eni a Terna, da Snam a Fincantieri passando per il recente ingresso nel fondo Atlante su cui Cassa ha puntato 500 milioni. Il 78% dei fondi di Cdp, partecipata dal Mef e dalle Fondazioni, arriva dal risparmio postale che a fine 2015 valeva oltre 250 miliardi. E delle Poste, da ottobre quotata in Borsa, Cdp si è appena ripresa il 35% con un conferimento del Tesoro per 2,9 miliardi. Anche se nel 2010 l'aveva ceduta allo stesso ministero per 3,29. L'obiettivo primario è il rafforzamento patrimoniale della Cassa, grazie anche ai dividendi che riceverà proquota, che fa ancora i conti con la minusvalenza di 450 milioni realizzata rilevando il 12,5% di Saipem. Operazione molto discussa.

Il 2015 è stato chiuso in rosso per 900 milioni, contro i 2,2 miliardi di utili del 2014. Colpa anche dei rendimenti sottozero degli investimenti in titoli di Stato; mentre aumentano le situazioni in cui la Cassa è stata chiamata a intervenire. Come l'Ilva di Taranto, che vede allungarsi i tempi per la cessione ai privati (ma per entrare nella newco Cdp dovrebbe stanziare fra i 100 e i 200 milioni). O come Metroweb: lo scorso 25 maggio il cda della Cassa ha detto di preferire Enel a Telecom nella partita sulla società della fibra ottica controllata dalla stessa Cdp al 46,2%. Alla fine ha vinto Enel, super-sponsorizzata da Renzi.

CC

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