Economia

La crisi brucia ricchezza e miete ancora vittime: 11mila imprese fallite

Senza un’inversione di tendenza è un processo destinato a proseguire anche nei prossimi trimestri

La crisi brucia ricchezza e miete ancora vittime: 11mila imprese fallite

La crisi economica continua a mietere vittime. Non si arresta la drammatica ondata di fallimenti. "Tra luglio è settembre di quest’anno - fa sapere il Cerved - l’incremento è stato pari al 14,1% rispetto allo stesso periodo del 2013". Sommando le 3mila imprese del terzo trimestre a quelle fallite dall’inizio dell’anno, si arriva a superare quota 11mila. "Si tratta di un aumento del 12% rispetto ai primi nove mesi del 2013 - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved - e di un nuovo record negativo: per la prima volta dall’inizio della serie storica viene superata già a settembre quota 10mila. Senza un’inversione di tendenza del quadro macroeconomico è un processo destinato a proseguire anche nei prossimi trimestri".

Sono soprattutto le società di capitale a fallire, con 8.300 procedure aperte tra gennaio a settembre, e le realtà operanti nel settore dei servizi che, con 5.700 procedure registrano un incremento del 16,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Il fenomeno aumenta in tutta la Penisola con tassi a due cifre, compresi tra il 13% e 14%. Fa eccezione solo il Nord Est, unica area del Paese in cui, nei primi nove mesi del 2014, queste tragiche percentuali risultano più contenute. Secondo lo studio del Cerved, infatti, ci sarebbe stato, rispetto allo stesso periodo del 2013, un balzo in avanti di appena 4,4%.

Le liquidazioni

Secondo l'analisi del Cerved stima, tra luglio e settembre 14.500 imprenditori hanno avviato la messa in liquidazione della propria azienda. Un dato in debole diminuzione rispetto al 2013. È il quarto trimestre consecutivo in cui si osserva un calo. Tanto che il totale delle liquidazioni sono arrivate a quota 45.500. "Le liquidazioni sono diminuite del 10% rispetto ai primi nove mesi del 2013. Questo è un dato incoraggiante - prosegue De Bernardis - un segnale di migliorata fiducia se si considera che a chiudere volontariamente la propria azienda sono soprattutto imprenditori con basse attese di profitto". Rispetto al 2013 diminuiscono, infatti, le liquidazioni di "vere" società di capitale (-14,8%) e di società di persone (-8,9%), mentre aumenta il numero di chiusure di società "dormienti" (+8,4%), ossia aziende che non hanno depositato bilanci nei tre anni precedenti la procedura.

Le procedure non fallimentari

Nei primi nove mesi dell’anno le richieste di concordato in bianco hanno sfiorato quota 2.200, il 40,7% in meno rispetto a quanto osservato nello stesso periodo del 2013. "Questo crollo - conclude De Bernardis - è l’effetto delle modifiche di legge che hanno introdotto la facoltà per i tribunali di nominare un Commissario Giudiziale a verificare la condotta del debitore". La forte riduzione dei concordati in bianco ha avuto ripercussioni naturalmente sul numero dei "veri" concordati preventivi che sono diminuiti del 15,7% nei primi nove mesi del 2014 (quasi il doppio invece di quanto osservato nel 2011).

Gli effetti della crisi sulle pmi

Un focus sulle pmi, società con un numero di addetti compresi tra 10 e 250 e un giro d’affari compreso tra 2 e 50 milioni di euro, evidenzia che il 9% di quelle attive nel 2007 sono fallite tra l’inizio del 2008 e la prima metà del 2014. Se si considerano anche le altre procedure concorsuali e le liquidazioni volontarie, emerge che sono 31mila le piccole e medie imprese - più di un quinto di quelle attive nel 2007 - interessate da almeno una di queste procedure.

Il fenomeno è stato particolarmente duro in Campania, nelle Marche e in Puglia, regioni in cui un quarto di quelle attive nel 2007 sono fallite, hanno aperto procedure concorsuali o sono state chiuse volontariamente dall’imprenditore.

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