Economia

Descalzi rilancia: «Eni come casa mia»

L'ad in scadenza: «Trasformata l'azienda». E Marcegaglia chiede «continuità dei vertici»

Cinzia Meoni

Londra Eni da «costoso conglomerato», come definito dal suo stesso presidente, Emma Marcegaglia, si è trasformata in una società focalizzata su petrolio e gas con una solida struttura finanziaria e in grado di affrontare le vertiginose oscillazioni dell'oro nero vissute nell'ultimo triennio, quello che ha coinciso con il mandato del board in scadenza. «Un contesto difficilissimo», come ribadito dall'ad Claudio Descalzi. Anche per questo motivo, il top management del Cane a sei zampe rivendica i risultati raggiunti davanti alla comunità finanziaria, riunita ieri a Londra per la presentazione del piano industriale 2017-2020, e prenota un posto nel nuovo board che sarà eletto dall'assemblea del 13 aprile. Il Tesoro, socio di maggioranza con il 30% circa del capitale, presenterà be la lista dei candidati al vertice a giorni, entro lunedì 20 marzo.

«Con questo bilancio si chiude un triennio in cui Eni ha completato un processo di profondo cambiamento che le ha consentito di affrontare un contesto tra i più difficili nella storia dell'oil&gas, ha rilanciato le prospettive di crescita e ha preservato la solidità patrimoniale del gruppo», sostiene Descalzi che, poche settimane fa, aveva stimato la generazione di valore conseguente alla trasformazione del modello di business del gruppo in 15,4 miliardi. Nella primavera 2014, con la salita di Descalzi e Marcegaglia al vertice della compagnia, il petrolio stazionava stabilmente sopra i 100 dollari al barile, il doppio rispetto ad oggi, ed Eni era un gruppo attorno a cui ruotavano diverse realtà, comprese Saipem, Snam e Galp.

Oggi il perimetro si è ridotto (tra i 2013 e il 2016 sono state cedute attività per 20 miliardi) e il management ha spinto sull'efficienza per gestire le montagne russe registrate dall'oro nero (passato dai 105,37 dollari a barile di giugno 2014 ai 33,62 dollari di gennaio 2016), aumentando la produzione del 15%.

Descalzi ha intrapreso la strada dell'efficienza, diminuendo investimenti e spese operative con un risparmio complessivo di 10 miliardi raggiunto nell'arco di piano e ha mantenuto il debito sotto controllo. Il management ha poi lavorato sulla capacità del gruppo di raggiungere la copertura finanziaria dei propri investimenti a prezzi sempre più bassi per il greggio (nel 2013 la cash neutrality era a 127 dollari a barile, oggi è a 46), adeguandosi all'era del petrolio low cost e aumentando il margine di guadagno in caso di ripresa del mercato.

Il percorso fatto ha portato cassa operativa di 34 miliardi, «solo» 3 miliardi in meno rispetto a quanto conseguito tra il 2011-13, quando il greggio valeva circa il doppio. È in questo contesto che Marcegaglia invoca «la continuità dei vertici» tanto più che «Eni opera in un settore dove sono importanti le strategie di lungo termine. E per chi arriva in una compagnia servono almeno uno o due anni per comprendere appieno la realtà di approdo». Quanto a Descalzi, incalzato sulla disponibilità a restare, conclude domandando alla platea «sareste pronti a lasciare la casa che avete costruito? Io no. Sono in Eni da 36 anni e grazie alla mia squadra abbiamo raggiunto risultati importanti nonostante un contesto difficile.

Considero Eni più di un posto di un lavoro».

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