Economia

Il Dragone cinese brucia le Borse

Preoccupano il nuovo scivolone di Shanghai (-5%) e il prezzo del petrolio, crollato sotto i 31 dollari

Rodolfo PariettiNiente da fare, le Borse continuano a non trovare un centro di gravità, se non proprio permanente, almeno temporaneo. Così come venerdì scorso, anche ieri non è arrivato il rimbalzo dopo una giornata nervosa e volatile, in cui Piazza Affari ha azzerato nel finale i guadagni chiudendo con un calo dello 0,57%. Segno meno che ha accomunato tutti i listini del Vecchio continente e anche Wall Street (-0,63% a un'ora dalla chiusura). Un'incapacità di rialzare la testa preoccupante, dopo una delle settimane più nere (-7% in Europa) della storia recente, ma giustificata dagli elementi negativi che tengono sotto scacco i mercati. In cima all'agenda rimane la Cina, con tutte le sue criticità che si riverberano sulla Borsa di Shanghai, costretta all'inizio di settimana a incassare un altro pesante -5% nonostante il secondo intervento in due sedute della banca centrale a sostegno dello yuan, con l'obiettivo di fronte al rallentamento dell'economia e per frenare l'emorragia di capitali esteri dal Paese. E proprio i timori legati ai capital outflows sono tra le cause individuate per spiegare i tracolli di inizio d'anno da due tra i principali esperti della finanza del Dragone, Deng Haiqing e Chen Xi, rispettivamente capo economista globale e direttore del centro di ricerca sui mercati finanziari della JZ Securities.L'altro elemento che aumenta l'avversione al rischio continua a essere il prezzo del petrolio, sceso ieri fin sotto i 31 dollari, ai minimi dal 2003. Una picchiata non ancora terminata: Morgan Stanley non esclude uno scivolone del greggio fino a 20 dollari, anche per effetto della stretta correlazione con il dollaro. Se il biglietto verde dovesse apprezzarsi di un altro 5%, spiegano gli esperti della banca d'affari Usa, l'ex oro nero potrebbe svalutarsi di un ulteriore 10-25%. La discesa del barile sta tra l'altro provocando danni collaterali nel settore energetico: Arch Coal, uno dei maggiori produttori americani di carbone, ha fatto richiesta di amministrazione controllata, schiacciata da un debito pari a 4,5 miliardi di dollari e messa in ginocchio dal calo della domanda e dal ribasso dei prezzi dei propri prodotti di riflesso al calo record di quelli del greggio. E un rapporto di Standard&Poor's mette in guardia l'eurozona, ricordando che l'anemica ripresa rischia di spegnersi del tutto se dovesse continuare il collasso delle materie prime e perdurare il rallentamento cinese. Condizioni di instabilità che potrebbero indurre la Bce a intervenire ampliando ulteriormente il programma di acquisto di titoli, come peraltro confermato qualche giorno fa dal governatore della Banca d'Irlanda, Philip Lane. Per il momento, però, lo shopping 2016 è partito a rilento: dall'1 all'8 gennaio, infatti, l'istituto guidato da Mario Draghi ha compiuto interventi complessivi per 9,3 miliardi di euro per un totale salito a 659,2 miliardi. Il grosso degli acquisti, come sempre, riguarda i titoli pubblici, con un controvalore pari a 8,687 miliardi per un totale salito a 499,9 miliardi. Inoltre la Bce ha sottoscritto nel corso della scorsa settimana covered bond per 591 milioni, con un totale salito a 143,93 miliardi mentre gli interventi sui titoli di cartolarizzazioni sono stati pari a 27 milioni (con un totale salito a 15,349 miliardi).

Dopo aver alzato i tassi in dicembre, la Federal Reserve ha intanto girato al Tesoro americano un nuovo dividendo record, frutto della politica espansionistica avviata nel 2008: 97,7 miliardi di dollari, dopo i 96,9 miliardi versati per il 2014.

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