Economia

Ecco la crescita vista da Renzi. In un anno 13 occupati in più

Il premier pensa a un'altra "mancia" pre elettorale. Ma se il tesoretto diventerà un bis degli 80 euro c'è il rischio veto dell'Ue

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi

La decontribuzione a favore di chi assume - l'incentivo all'economia più importante del governo Renzi - ha prodotto solo 13 nuovi occupati. Tanto per dare una misura, il numero di dipendenti di un negozio di medie dimensioni o di una microimpresa artigiana. L'Inps di Tito Boeri ieri ha inaugurato l'Osservatorio sul precariato.

Un bollettino mensile nel quale verrà comunicato il numero delle nuove assunzioni, divise per tipologia di contratto. La prima uscita, caduta nel giorno del Def e della scoperta del «tesoretto», ridimensiona l'entusiasmo del governo e dà ragione ai «gufi» che non hanno mai creduto agli 80mila nuovi posti di lavoro creati in due mesi di cui aveva parlato il ministro Giuliano Poletti.

I lavori stabili sono passati dal 37,1% del gennaio-febbraio 2014 al 41,6% del 2015. I nuovi contratti a tempo indeterminato sono 44.073. Poco più della metà di quelli calcolati dal governo, meno persino di quanti ne aveva quantificati Confindustria contestando i dati forniti dal ministro del Lavoro. Movimenti tutti interni a un mercato del lavoro che resta asfittico. Il totale delle assunzioni nel primo bimestre 2015 è stato di 968.883, nello stesso periodo del 2014 furono 968.870. Sono, appunto, 13 contratti in più rispetto all'anno scorso.

Non c'è stata nessuna spinta ad assumere nonostante la decontribuzione prevista dalla legge di Stabilità. Per capire se il Jobs Act, cioè i nuovi contratti a tutele crescenti e il depotenziamento dell'articolo 18, hanno avuto un qualche effetto bisognerà aspettare le prossime rilevazioni. Ma è già chiaro che le ragioni della crisi del mercato del lavoro sono profonde e che non basterà la decontribuzione a farlo ripartire.

Anche perché l'aumento dei contratti a tempo indeterminato non è avvenuto solo a discapito di lavoro «cattivo», atipico e precario. Colpisce, ad esempio, il crollo dell'apprendistato. Sono 4.273 assunzioni in meno rispetto al primo bimestre 2014, un crollo dell'11,3%, per un contratto che, nella maggior parte dei casi, si trasforma in una assunzione a tempo indeterminato e che comprende anche la formazione dei giovani lavoratori. In generale, il 2015 inizia sotto il segno di una crisi che peggiora. Il 2013 è stato un anno pessimo per l'economia, ma il mercato del lavoro andava meglio. Più assunzioni in generale, 972mila e 21 nei primi due mesi, 3.100 più del biennio successivo. Ma anche una percentuale di nuovi contratti stabili maggiore rispetto a quella del 2015. Il 43,85%. Due punti percentuali in più rispetto ai primi due mesi del 2015, in piena vigenza della decontribuzione.

Cifre che arrivano nel giorno del Def, il documento di economia e finanza e della scoperta di un margine di spesa inatteso. A legislazione vigente il rapporto tra deficit e Pil del 2015 è del 2,5%. Le regole Europee ci consentono di arrivare al 2,6%. Si libera così un punto base di Pil, pari a 1,6 miliardi. Soldi che fanno gola a molti. Al premier Renzi in primo luogo. Nulla di stabilito, per il momento ma resta l'ipotesi del bis, in misura ridotta, degli 80 euro, arrivati in busta paga alla vigilia delle elezioni europee. Magari - insinuavano ieri esponenti dell'opposizione - estendendo il bonus alle famiglie escluse, facendolo arrivare anche questa volta alla vigilia delle elezioni regionali.

Un regalo che potrebbe non passare dal vaglio di Bruxelles. Già in passato la Commissione europea si è opposta alla redistribuzione di cifre extra spuntante nel bilancio.

Un Paese con i conti disastrati come l'Italia non può permettersi il lusso di regalare tesoretti.

Commenti