Economia

Ecco la strada che porta a Fca-Gm

A breve le nozze Psa-Opel. Ed Elkann sarà decisivo per aprire il dialogo con Detroit

Ecco la strada che porta a Fca-Gm

Dall'operazione Psa-Opel, il cui annuncio sarebbe atteso entro il fine settimana, potrebbe scattare la molla di un grande risiko dell'auto, con la conseguente rivoluzione dello scenario attuale. La cessione di Opel al gruppo francese, per una somma intorno a 2 miliardi di dollari, coinciderà con l'uscita di Gm anche dal mercato europeo. A trarne vantaggio, secondo gli analisti, sarebbe subito il titolo a Wall Street del colosso di Detroit, il cui valore (ora a 37 dollari) si apprezzerebbe fino al 35%. Il mercato, oltre a benedire l'addio a Opel, in rosso dal 2000 e con perdite accumulate per oltre 20 miliardi di dollari, vede anche di buon occhio la strategia della numero uno Mary Barra di focalizzare il business su Usa, America Latina e Cina.

Fin qui lo scenario più scontato. E se Gm, a proposito dell'Europa, ci rientrasse, in un futuro anche non lontano, da una seconda porta, magari lungo l'asse Torino-Auburn Hills? L'azionista di Fca (Exor con il 29,41%), cioè la famiglia Elkann-Agnelli, vedrebbero così raggiunto l'obiettivo che insegue da tempo: essere, cioè, un'entità più piccola in un contesto più grande. In parole povere: assumere il ruolo di azionisti, senza preoccuparsi della gestione del nuovo gruppo.

Un matrimonio Gm-Fca, che l'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, sta inseguendo vanamente da due anni (a girargli sempre le spalle è la stessa Mary Barra), ai corsi attuali, vedrebbe nascere un gruppo con la holding Exor, presieduta da John Elkann, secondo azionista con il 6,97%, dietro a Uaw, il sindacato metalmeccanico Usa con il 7,14%, e davanti a Vanguard (4,4%) e BlackRock (4%). Rimane lo scoglio Barra e la sua riluttanza a sedersi al tavolo con Marchionne, anche se il top manager di Fca ha dichiarato che, quella del 2019, sarà l'assemblea del congedo da ad del Lingotto.

Tenuto conto che il presidente americano Donald Trump smania dalla voglia di rivedere la «sua» General Motors sulla vetta del mondo (ora è quarta) - e per questo è necessario un accordo con altro costruttore - e che Fca potrebbe beneficiare del know how di Detroit a proposito delle tecnologie sulla guida autonoma e la mobilità elettrica, l'unione cadrebbe a puntino. Con buona pace di casa Elkann-Agnelli.

Resta il «feeling zero» tra Mary Barra e Marchionne. A trattare con la tenace top manager americana - togliendo tutti dall'imbarazzo - ci andrebbe a giusta ragione il padrone di Fca, Elkann. E in questo caso come la prenderebbe Marchionne?

L'ipotetico esito lampo dell'operazione Psa-Opel potrebbe accelerare un inizio di dialogo tra Gm e Fca, ma con una serie di paletti posti proprio da Detroit. Tutto fa pensare che i prossimi saranno mesi caldi.

Una coincidenza: Marchionne è diventato ad di Fiat nel 2004, azienda che ha risanato e rilanciato nel mondo grazie all'acquisizione di Chrysler. Il suo primo capolavoro, il 14 febbraio 2005, è stato il divorzio da Gm, costato agli americani 2 miliardi di dollari, cifra che ha contribuito alla rinascita del Lingotto e creato le premesse per la ricerca di un partner (Chrysler). E ora, all'avvicinarsi del termine della missione, ecco riaffacciarsi alla porta di Fca, e nella vita di Marchionne, ancora Gm.

E potrebbe essere una nuova storia, colpi di scena inclusi.

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