Economia

Elliott al 14% di Tim, è guerra totale

Assogestioni non fa la lista. Il cda targato Vivendi cancella la decisione dei sindaci

Elliott al 14% di Tim, è guerra totale

Maddalena Camera

È guerra totale per Telecom Italia. Ieri il cda a trazione Vivendi ha ritenuto illegittima l'integrazione dell'ordine del giorno presentato da Elliott per l'assemblea del 24 aprile. E quindi, per Telecom, l'unica assemblea valida per il rinnovo del cda sarà quella del 4 maggio. Secondo il cda, che ha ascoltato i propri consulenti legali e tre pareri «pro veritate» secondo cui il collegio sindacale «può intervenire soltanto in caso di inerzia del cda e non nel caso in cui una decisione motivata vi sia, ma i sindaci non la condividano come è accaduto in questo caso». Insomma i sindaci non hanno agito per via «dell'inerzia» del cda ma perché quest'ultimo aveva deliberato il contrario di quanto chiesto da Elliott, ossia non aveva messo la sua richiesta all'ordine del giorno. Su questa decisione il cda si è nettamente spaccato tanto che la decisione non è stato approvata dai consiglieri Borsani, Calvosa, Cornelli, Frigerio e Vivarelli, ossia gli indipendenti in quota Assogestioni. Proprio l'associazione dei fondi ha deciso di non presentare la sua lista di minoranza per il cda Telecom, spostando dunque i voti su Elliott.

Il fondo Usa, sempre ieri, è uscito allo scoperto dichiarando di essere salito in Tim all'8,8% dei diritti di voto con la possibilità di crescere al 13,7% grazie a opzioni, accorciando così le distanze su Vivendi che ha il 23,9%. E quindi, oltre alla guerra tra Vivendi e Elliott, in Telecom c'è quella in cda per la governance, dove consiglieri indipendenti e sindaci sono ormai schierati contro i francesi. Tanto che i sindaci «nel rigettare le argomentazioni addotte dal cda a supporto della delibera hanno anticipato di voler procedere alla pubblicazione di un proprio, separato, comunicato stampa». Il cda a trazione Vivendi, che con 10 consiglieri, tra cui Franco Bernabè, conserva la maggioranza dissociandosi dall'iniziativa dei sindaci che è «particolarmente grave» ha annunciato di «voler intraprendere ogni azione legale a tutela dei diritti e degli interessi di tutti i soci e della società».

Ieri era anche l'ultimo giorno per presentare la lista per l'assemblea del 4 maggio. Elliott alle 21,30 non lo aveva ancora fatto anche se oltre ai sei nomi già presenti il 24 aprile, circolano quelli di Lucia Morselli o Alfredo Altavilla. Ma potrebbero comprendere anche qualche consigliere già presente come indipendente come Calvosa o Cornielli.

Quanto alle intenzioni Elliott ha specificato anche ieri di non voler prendere il controllo del cda e si è detto a favore dell'attuale management incluso l'ad Genish «che sosterremo in assemblea». Quanto allo scorporo della rete e di Sparkle, il fondo Usa valuta che potrebbe arrivare una creazione di valore per 7 miliardi. Lo scorporo porterebbe anche a un dimezzamento del debito, che sarebbe diviso tra le due società (quella della rete e la stessa Telecom, che si occuperebbe solo dei servizi) passando da 25 a 12 miliardi con la distribuzione di un dividendo, pari già nel 2019 a 1,2 miliardi. Elliott non esclude neppure la vendita di quote nella rete, con un possesso che dovrebbe rimanere tra il 25 e il 75% del capitale. Sparkle potrebbe essere ceduta in tutto o in parte (fino al 75% del capitale), così come Inwit (fino al 60%), mentre Tim Brasil sarà controllata al 67%.

C'è poi anche l'idea di conversione delle azioni di risparmio e la possibile fusione con la rete di Open Fiber.

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