Economia

Elliott svela il suo peso in Tim ma Vivendi medita l'arrocco

I francesi potrebbero far decadere tutto il cda. Calenda nega contatti con gli Usa: "È un'operazione di mercato"

Elliott svela il suo peso in Tim ma Vivendi medita l'arrocco

Vivendi fa marcia indietro. Non su Telecom dove la situazione, dopo l'entrata a gamba tesa del fondo statunitense attivista Elliott, è ancora molto fluida, ma su una preda decisamente più piccola: Ubisoft. Ieri, dopo un lungo tira e molla, il gruppo di Vincent Bollorè ha deciso di uscire dall'azionariato della società di videogiochi trovando un accordo con la famiglia dei maggiori azionisti e fondatori, i Guillemot. Vivendi ha venduto il suo 27,27% agli stessi Guillemot per 2 miliardi realizzando una buona plusvalenza e si è impegnata a non acquistare azioni Ubisoft per i prossimi cinque anni. Anche in Ubisoft l'azionista Vivendi non aveva riscosso i consensi degli altri azionisti. Come in Telecom.

Su questo fronte, ieri la giornata è stata priva di spunti speculativi. Così il titolo in Borsa ha sofferto facendo registrare una retromarcia dell'1,1 per cento. Elliott non ha scoperto le carte, forse in attesa di segnali distensivi da parte dei francesi che restano però arroccati sulle loro posizioni. Del resto i transalpini, secondo indiscrezioni, potrebbero tentare qualche mossa a sorpresa. Come quella di far decadere l'intero consiglio facendo dimettere i suoi consiglieri. Arma a doppio taglio, dato che la mossa metterebbe in evidenza tutto il potere esercitato dalla società di Bollorè su Telecom. Far decadere il board di Tim renderebbe inutile l'integrazione all'ordine del giorno dell'assemblea dei soci del 24 aprile dove il fondo Elliott ha chiesto la revoca dei sei consiglieri espressi da Vivendi, ossia il presidente Arnaud de Puyfontaine, il vicepresidente Giuseppe Recchi, e i dirigenti Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Félicité Herzog e Anna Jones, per sostituirli con altri sei, tutti indipendenti e tutti italiani, tra cui Fulvio Conti ex-presidente di Enel, Luigi Gubitosi, ora commissario straordinario di Alitalia, e Rocco Sabelli, ex Telecom. Una squadra che non dovrebbe far storcere il naso al governo in via di formazione, qualunque esso sia. Carlo Calenda, ministro dello sviluppo economico dell'esecutivo uscente, ha comunque assicurato di non aver avuto contatti con il fondo Elliott «perchè c'è un'operazione di mercato in corso». Evasivo il commento di Franco Bernabè, «la situazione si risolverà». L'ex-presidente e ad di Telecom, siede ora nel cda come consigliere indipendente in quota Vivendi. Bernabè è l'unico rappresentante dell'attuale cda che potrebbe prendere le deleghe del vice presidente Giuseppe Recchi su Sparkle e sicurezza che potrebbero essere affidate anche a un membro esterno al cda come Giovanni Castellaneta o Stefano Siragusa. Telecom non ha chiarito se Recchi rimetterà queste deleghe nel cda previsto per domani che servirà per mettere all'ordine del giorno dell'assemblea del 24 aprile le richieste di Elliott. Oggi il fondo attivista dovrà scoprire le carte presso Consob circa la quota di Tim in suo possesso che dovrebbe essere compresa tra il 5 e il 10%. Poi la palla passerà all'assemblea dei soci dove i fondi esteri, che sono i maggiori azionisti di Telecom con il 58%, potrebbero decidere di passare dalla parte di Elliott per realizzare la public company, senza cioè soci di maggioranza, che aveva già tentato di realizzare nel 2015 Marco Fossati.

Quest'ultimo, forte di una quota del 5% posseduta in Telecom tramite Findim, aveva chiesto la revoca dei consiglieri in quota Telco per evitare operazioni che avrebbero favorito Telefonica.

Ossia la società spagnola che poi ha fatto entrare Vivendi nell'azionariato dell'ex-monopolista.

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