Economia

Eurozona, debito record: l'austerity costa salata

Eurozona, debito record: l'austerity costa salata

Anche l'austerity, come il crimine, non paga. Dopo almeno un biennio di ricette ultra-rigoriste, l'eurozona (e l'intera Unione europea) scopre di avere il debito più alto di sempre. È una sorta di boomerang che va a sbattere contro le teorie di chi pretende di conseguire il risanamento delle pubbliche finanze nonostante una congiuntura fortemente depressa e dove la deflazione - tra i nemici peggiori per chi ha debiti - comincia perfino a inquietare l'ala tedesca della Bce.
I dati comunicati ieri da Eurostat, riferiti al 2013, parlano chiaro: il rapporto debito-Pil è salito al 92,6%, dal 90,7% di fine 2012 all'interno di Eurolandia e dall'85,2% all'87,1% nell'Ue. Quasi due punti in più che, con ogni probabilità, sono il risultato di un calo di gettito legato a quei Paesi ancora in recessione e non certamente a una maggiore spesa per interessi, considerata la discesa dei rendimenti dei bond sovrani, perfino nei Paesi mediterranei, per effetto dell'abbassamento degli spread. Ciò vale soprattutto per l'Italia: nonostante lo sgonfiamento del differenziale tra Btp e Bund, il debito pubblico è stato pari al 132,6% (in soldoni fanno 2.069 miliardi di euro), in netta crescita rispetto al 127% del 2012. Tanto è vero che il nostro deficit è rimasto stabile al 3% malgrado il Pil, secondo i calcoli dell'istituto di Bruxelles, sia calato nei due anni da 1.567 a 1.560 miliardi.
E che l'austerità assomigli molto a un boomerang, sembra dimostrarlo anche la Germania, costretta l'anno scorso ad annullare il proprio surplus. L'avanzo, infatti, è stato di appena 190 milioni. Non per effetto di una maggiore apertura del mercato domestico ai prodotti stranieri, così come invocato dagli Usa e dalla stessa Ue e così come si converrebbe, anche in un'ottica solidale, a un Paese che vuole recitare la parte della locomotiva europea; bensì, per minori vendite del made in Germany proprio in quelle aree del Vecchio continente alle prese con alti livelli di disoccupazione, precarietà diffusa e consumi crollati. Di contro, Berlino può rivendicare di aver tagliato il debito al 78,4%. Tuttavia, è ancora «fuorilegge» rispetto alle regole di Maastricht (indebitamento al 60% del Pil).
Un'altra storia è quella della Francia. Sotto la guida di François Hollande, Parigi continua a non rispettare il vincolo del 3% disavanzo-Pil (3,8% nel 2013).

Lo farà, dice il ministro delle Finanze Michel Sapin, nel 2015 facendo leva su quella ricetta di austerità nei costi e sostegno alle imprese in cambio di posti di lavoro che ha già gelato la gauche.

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