Economia

Exor, a buon fine la metamorfosi: utili raddoppiati

La holding di casa Agnelli raccoglie i frutti dopo l'uscita da C&W, l'acquisto di PartnerRe e della Ferrari

Pierluigi Bonora

Il cda di Exor, la holding d'investimenti di casa Agnelli, ha approvato i conti del 2015: utile netto a 744,5 milioni, più che raddoppiato; patrimonio netto consolidato a 10,13 miliardi (+2,14 miliardi); net asset value +21,2%, a quasi 12,32 miliardi; posizione finanziaria netta con saldo positivo di 1,33 miliardi (+774 milioni); proposta una cedola invariata rispetto all'esercizio precedente (35 cent per azione), per complessivi 82 milioni.

Allo stesso tempo, il presidente John Elkann ha commentato, nella lettera agli azionisti, l'andamento dello scorso anno in funzione anche del 2016. Nessun dubbio sul fatto che Elkann, proprio nel 2015, abbia cambiato pelle alla società, rendendosi protagonista di una serie di operazioni (PartnerRe, The Economist, Ferrari) che, se da una parte hanno portato alla dismissione di asset (C&W) e posto anche le basi per il disimpegno - seppur attraverso la controllata Fca - da Rcs, dall'altra hanno delineato il nuovo e diverso perimetro d'interessi degli Agnelli.

Il 2015 è stato un altro anno di novità: dall'uscita dai servizi immobiliari, con la cessione di C&W (incasso di 1,3 miliardi di dollari e plusvalenza di 722 milioni) al colpo sul colosso delle riassicurazioni, PartnerRe, costato 6,9 miliardi dollari. «PartnerRe è uno dei maggiori riassicuratori del mondo, sia in termini di capitale sia di raccolta premi», ricorda Elkann, con la consapevolezza, però, «che il settore si troverà ad affrontare molte sfide nei prossimi anni». Insieme alle riassicurazioni, dunque, ecco crescere di peso anche l'editoria nel portafoglio diretto di Exor, con l'aumento della partecipazione nel gruppo Economist dal 5% a poco meno del 44%, per un investimento di 360 milioni euro. Dall'operazione, Elkann si aspetta molto: «Questo gruppo - spiega - ha l'eccezionale capacità di spostare la redditività dei ricavi che derivano dalla pubblicità a quelli legati alla diffusione a pagamento, e dalla carta stampata al mondo digitale». E intanto fa un dono ai figli adolescenti dei soci Exor: un anno di abbonamento al magazine L'Economist.

Tempo fa il Giornale aveva ipotizzato, sulla base di indiscrezioni, la possibile uscita degli Agnelli da Rcs, anche perché questa partecipazione faceva capo, storicamente, a Fiat (ora Fca) ma, alla luce del maggior peso del gruppo automobilistico negli Usa, divenuta ormai «ingombrante» anche per l'ad del Lingotto, Sergio Marchionne. E così è stato, o meglio, si stanno muovendo le cose. Studiata a lungo nel 2015, tenuto soprattutto conto dei grossi problemi vissuti dal primo azionista Fca (Elkann) nei rapporti con gli altri soci del Corriere, e fatto digerire il matrimonio Usa con Chrysler, ecco ormai maturi i tempi per uscire da Rcs e far sposare La Stampa e Il Secolo XIX al primo concorrente di Via Solferino, la Repubblica di Carlo De Benedetti, per un super polo editoriale che si concretizzerà nel 2017. La quota sarà detenuta da Exor. Oggi, all'assemblea di Fca ci sarà la distribuzione delle azioni detenute in Rcs agli azionisti del Lingotto (il 16,7%).

Lo scorporo di Ferrari da Fca, prima, e la successiva quotazione del 10% a New York (da gennaio anche a Milano) l'altro colpo del 2015. Ora Elkann guarda al futuro di Fca e anche alla preparazione del dopo Marchionne, se veramente l'ad dovesse lasciare il Lingotto dopo il 2018. L'azionista di Fca fa il punto anche sul tema del consolidamento («la fusione deve essere di rilievo, con una big si potrebbero ottenere risparmi vicini a 10 miliardi di dollari all'anno») e della guida autonoma («entro il 2030 la quota di questi nuovi veicoli sarà pari solo al 15% del totale, quindi l'85% di auto avranno bisogno di qualcuno che le guidi»).

La riflessione finale di Elkann riguarda i mercati (da inizio 2016 Exor ha perso un terzo del valore): «Siamo determinati a tenere duro».

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