Economia

La Fed prende ancora tempo sul rialzo dei tassi

La banca Usa: «Servono altri dati». Bullard: «Costo del denaro appropriato»

Sembra che le Borse europee, in deciso calo anche ieri (-1,6% Milano), abbiano un problema con la Federal Reserve e in particolare, come suggeriscono alcune cronache, con l'incertezza sulle prossime mosse in materia di tassi. Strano: Wall Street, che pur arriva da un periodo in cui ha macinato record su record, non pare particolarmente preoccupata, come dimostra la sostanziale immobilità del Dow Jones nell'ultima seduta dopo il ribassino di martedì scorso (-0,45%).

I verbali della riunione del mese scorso, divulgati nella serata di ieri, non hanno del resto aggiunto nulla di nuovo. «I rischi a breve termine per l'economia Usa sono diminuiti», spiega una frase che ricalca esattamente quanto già detto nel comunicato diffuso il 27 luglio. E anche il passaggio in cui si fa riferimento al fatto che le opzioni sull'aumento dei tassi «sono aperte», ma i membri della Fed sono divisi, non rivela niente. Il mese scorso i componenti del Fomc si spaccarono fra chi preferiva aspettare e chi era convinto che una stretta fosse appropriata da lì a poco. In generale è stato trovato un accordo sul mantenimento dello status quo, in attesa di altri dati macroeconomici. Da allora, il dato più importante è stato quello relativo ai 255mila nuovi posti creati in luglio, un numero superiore alle attese. Ma il mercato del lavoro non è proprio rose e fiori. Ancora 7,8 milioni di americani sono senza un impiego, la partecipazione alla forza lavoro è al 62,8%, vicino al minimo dell'ottobre 1977, quasi 600mila persone non hanno neppure provato in luglio a cercare uno straccio di posto perché scoraggiate e il part-time continua a scandire la vita di quasi sei milioni di persone, a segnalare una situazione non proprio di piena occupazione.

A dimostrazione che non c'è nulla di nuovo dal fronte di Eccles Building, ieri i future sui Fed Fund attribuivano infatti il 22% di possibilità di una stretta in settembre contro il 28% del 28 luglio, giorno dopo l'ultima riunione della banca centrale Usa, nonostante Dennis Lockhart e William Dudley, presidenti rispettivamente della Fed di Atlanta e di quella di New York, abbiano fatto capire martedì scorso che una stretta a settembre non è da escludere.

È il solito problema di comunicazione, con dichiarazioni spesso divergenti che rivelano le divisioni tra i falchi e le colombe all'interno dell'istituto guidato da Janet Yellen. Senza indicare alcuna tempistica, il numero uno della Fed di St. Louis, James Bullard, si è limitato ieri a dire che il costo del denaro è «vicino a un livello appropriato». In pratica, sostiene Bullard con toni dovish, è necessario un unico aggiustamento rispetto all'attuale 0,25-0,5% per raggiungere un livello che sia in linea alla performance dell'America. Resta ora da capire se la Yellen fornirà qualche dettaglio in più fra una settimana, al simposio di Jackson Hole, davanti al gotha della finanza mondiale. Sarebbe ora.

RPar

Commenti