Economia

Fermiamo la "peggiocrazia"

Fermiamo  la "peggiocrazia"

Le imprese italiane godono di un ben poco invidiabile record: avere molti nemici. E credo non sia per loro motivo di particolare consolazione potersi rifare al vecchio adagio: molti nemici, molto onore. Tra i nemici più irriducibili? Il cattivo funzionamento della macchina pubblica. I numeri parlano chiaro. La burocrazia cioè la «peggiocrazia» nel mio neologismo coniato anni orsono e, purtroppo, quanto mai attuale costa a una piccola e media impresa 7mila euro l'anno. Nel complesso pesa 31 miliardi l'anno. Cifra scandalosa che, perlomeno, dovrebbe far arrossire qualcheduno (non accadrà, tranquilli). Il dato emerge da un'elaborazione dell'Ufficio Studi della Cgia di Mestre sulla base dell'ultima rilevazione effettuata dal Dipartimento della Funzione Pubblica presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Scartoffie, timbri su timbri, risposte sconsolanti, rinvii su rinvii: questa la via crucis laica che zavorra la normale attività dell'imprenditore. Ma anche il semplice cittadino ne sa qualcosa. Il problema non è la burocrazia in sé: qualsiasi macchina pubblica la prevede. Fa rabbia constatare come in altri Paesi il problema quasi non si ponga. Qui è un macigno che ci portiamo appresso pressoché da sempre. Eppure, si dovrebbe finalmente affrontare la questione con serietà per avviare un percorso virtuoso in materia di qualità della Pubblica Amministrazione.

Diamoci il tempo necessario (tanto ne abbiamo perso in quantità industriale), ma poniamoci obiettivi concreti da raggiungere. Si analizzi, si studino le soluzioni, si applichi la saggia regola del semplificare. I tecnici bravi per affrontare la spinosa materia non mancano. Come le eccellenti professionalità all'opera in quegli uffici. Scardiniamo tutto ciò che produce «peggiocrazia». Per venire incontro alle imprese italiane. Per rendere la vita un po' meno complicata a tutti i cittadini/contribuenti.

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