Economia

Fiat-Chrysler, Marchionne ora pensa a un piano B

Il titolo ostaggio della minaccia dei recessi. L'ad: «Scenario esagerato, pesa il Pil. Ma siamo già pronti a ritentare la fusione»

Segni di nervosismo da parte di Sergio Marchionne alla fine della nuova giornata di passione del titolo Fiat in Borsa: -5,55% ieri, a 6,46 euro (era arrivato a perdere fino all'8,5%) e -15,16% da un mese a questa parte. A tenere banco è sempre la possibilità che la fusione Fiat-Chrysler salti se l'esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti contrari comportasse, per Torino, un costo superiore a 500 milioni. Tra non intervenuti all'assemblea dell'1 agosto e contrari (l'8% del capitale) il recesso potrebbe infatti costare fino a 770 milioni. Inevitabile, a quel punto, lo stop all'operazione. Marchionne, ieri, ha definito questo scenario «esagerato», ribadendo che se la fusione con Chrysler verrà bloccata dagli azionisti, ci sarà un nuovo tentativo più avanti. «Non sono previsti dati sul recesso fino a cinque giorni prima di fine agosto», ha quindi precisato l'ad di Fca, cercando di buttare acqua sul fuoco. E a proposito del titolo in Borsa, ha parlato di impatto derivato anche dai dati sul Pil. Mediobanca, dal canto suo, si aspetta che il titolo resti sottoposto a «volatilità fino a un paio di giorni dopo il 20 agosto», termine ultimo per esercitare il diritto di recesso, ma scommette che la fusione con Chrysler vada in porto, eventualmente grazie all'intervento di Exor che potrebbe acquistare le azioni oggetto di recesso che eccedono il controvalore di 500 milioni. E di «volatilità che potrebbe proseguire anche nei prossimi giorni» parla anche Bofa Merrill Lynch, più preoccupata, però, per i fondamentali di Fiat che non per la riuscita dell'operazione. Banca Akros si sofferma invece sul fatto che più aumenta la convenienza per esercitare il recesso, più crescono le probabilità che sia superato il limite di 500 milioni oltre il quale la fusione è a rischio.

Chi recede ha diritto a ricevere 7,7 euro, importo superiore di quasi il 20% alle attuali quotazioni del titolo. Per far saltare l'operazione basta il recesso del 5,17% del capitale. Ma a innervosire Marchionne, ieri in conference call con gli analisti per commentare il secondo trimestre di Chrysler, hanno contribuito anche i margini di profitto della casa americana rimasti al di sotto delle rivali Ford e Gm. Nel caso della controllata di Fiat, il dato trimestrale è stato pari al 4,8% mentre per gli altri due gruppi di Detroit risulta all'11% e al 9%. Marchionne si è detto «esageratamente» insoddisfatto dei sottili margini e ha spiegato che si deve fare meglio, incluso il tentativo di cercare di ottenere prezzi migliori dai fornitori di componentistica per automobili.

Chrysler ha intanto confermato le stime per il 2014: ricavi netti oltre 80 miliardi di dollari; utili netti adjusted tra 2,3 e 2,5 miliardi; flusso di cassa è previsto tra 0,5 miliardi e un miliardo; profitti operativi modified a 3,7-4 miliardi (nel secondo trimestre sono cresciuti del 22% su base annuale a quota 985 milioni), mentre le consegne globali di veicoli sono calcolate in 2,9 milioni di unità (+2,8 milioni). Tra aprile e giugno le vendite mondiali di Chrysler sono salite del 12%.

Liquidità a 13,3 miliardi di dollari.

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