Economia

Fiat: "Il guaio della Fiom è Landini"

L'ad Marchionne: "Prima di lui nessun problema. Volkswagen? Non riesco neppure a dire il nome"

L'ad della Fiat, Sergio Marchionne, durante la presentazione della nuova Panda allo stabilimento Fiat di Pomigliano
L'ad della Fiat, Sergio Marchionne, durante la presentazione della nuova Panda allo stabilimento Fiat di Pomigliano

Il mantenimento dell'attuale assetto degli impianti italiani di Fiat e il raggiungimento del pieno impiego degli addetti dipende anche da un miglioramento del clima sindacale. Compito non facile vista l'intransigenza Fiom. «Non so quando Landini sia stato eletto ma fino alla sua entrata non ho avuto nessun problema», ha dichiarato ieri l'ad Sergio Marchionne nel corso di un convegno a Torino. «Trovo estremamente presuntuoso che un sindacato pretenda di aprire un confronto quando tutti gli altri sindacati hanno scelto di condividere con noi un certo percorso», ha aggiunto stigmatizzando l'atteggiamento cigiellino e consigliando la «collaborazione» con gli altri firmatari degli accordi (Fismic, Cisl, Uil e Ugl) piuttosto che lo stillicidio quotidiano. «Marchionne attacca tutto quello che non può comprare: Volkswagen e Fiom», gli ha replicato a stretto giro il leader delle tute rosse.
Invettive rinfocolate dall'ammissione dello stesso Marchionne. Pur confermando la fusione con Chrysler «entro il 2014», l'ad Fiat ha sottolineato di aver commesso «lo sbaglio più grande, un'imbecillagine eccezionale» nell'annunciare Fabbrica Italia non perché «industrialmente sbagliato», ma perché i 20 miliardi di investimenti sarebbero dovuti arrivare «dalle vendite». Quelle che la crisi ha di fatto affossato.
Marchionne, però, ha ribadito che«tutta l'attuale occupazione del gruppo è confermata; ho preso l'impegno a portare tutti i lavoratori a casa». L'ad non indietreggia, anzi rilancia sul pieno impiego dei dipendenti del Lingotto. L'obiettivo potrebbe essere raggiunto «anche più velocemente» rispetto ai 3-4 anni che potrebbero essere necessari per superare la crisi dell' auto.
La sortita di Marchionne, però, ha un valore doppiamente «politico». In primo luogo perché si tratta di un'ulteriore presa di posizione nei confronti della «guerriglia» Fiom all'indomani dell'assorbimento di Fabbrica Italia Pomigliano all'interno di Fiat Group Automobiles per superare l'impasse dei 19 reintegri decisi dalla Corte d'Appello.
In seconda istanza, quella dell'ad di Fiat è una dichiarazione d'intenti «patriottica» con un unico destinatario: la Germania di Volkswagen e Bmw, ma soprattutto di Frau Merkel. «L'ho detto 200mila volte che l'Alfa Romeo non è in vendita, soprattutto a loro», ha dichiarato riferendosi all'interesse di Wolfsburg per la casa del Biscione. «Faccio fatica a pronunciare quel nome, mi devo allenare ogni mattina. E poi al Salone di Ginevra presenteremo noi la macchina più costosa (la nuova Ferrari F70; ndr). Cosa devo imparare dai tedeschi?», ha aggiunto riferendosi sempre al gruppo guidato da Martin Winterkorn.
Insomma, non è solo un fatto di concorrenza globale ma anche un punto d'onore. Non solo per la porta in faccia ricevuta dal governo tedesco quando si propose l'acquisto della (tuttora) periclitante Opel, ma anche per il rifiuto di raggiungere un accordo in sede europea (Marchionne è anche presidente Acea; ndr) per un disarmo unilaterale con una «equa riduzione» della capacità produttiva.
«Fiat si chiama fuori dal discorso: non chiuderemo stabilimenti grazie alla strategia che abbiamo scelto», ha chiosato.

A Mirafiori, taglia corto, «si produrranno auto di lusso sia Maserati che Alfa Romeo».

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