Economia

La Fornero ci fa lavorare di più ma la spesa cresce comunque

L'allungamento dell'età lavorativa, il blocco degli stipendi pubblici e la spending review sono inutili. La spesa pubblica italiana aumenta lo stesso

La Fornero ci fa lavorare di più ma la spesa cresce comunque

L'allungamento dell'età lavorativa imposto dalla riforma Fornero? Non è servito a nulla. Il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici? Nemmeno questo è servito a granché. La centralizzazione degli acquisti? Inutile pure questo. E i tagli ai ministeri, alle Regioni, agli enti locali e alla sanità? Non hanno spostato di una virgola. La spesa pubblica italiana ha continuato ad aumentare. Secondo il report della Cgia di Mestre, tra il 2010 e il 2014 le uscite di parte corrente al netto degli interessi sul debito pubblico sono salite di 27,4 miliardi di euro. Anche in rapporto al Pil, le uscite correnti risultano in deciso aumento: se all’inizio di questo decennio l’incidenza era pari al 41,4%, l’anno scorso la stessa ha toccato il 42,8%.

Nel 2014 la macchina pubblica è costata agli italiani 692,4 miliardi di euro. Di segno opposto, invece, l’andamento delle principali spese in conto capitale, vale a dire gli investimenti. Se nel 2010 il valore ammontava a 64,7 miliardi di euro, nel 2014 è sceso a quota 49,2 miliardi. In questi cinque anni la caduta degli investimenti è stata spaventosa: -23,9%, pari a una riduzione in termini assoluti di 15,4 miliardi di euro. "Pur riconoscendo che gli effetti della crisi hanno contribuito a espandere alcune voci di spesa - dichiara il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - la tanto sbandierata spending review, purtroppo, non ha ancora sortito gli effetti sperati. Questa situazione, ovviamente, pregiudica in maniera determinante l’obbiettivo primario che il Governo deve perseguire per riagganciare la ripresa, vale a dire il taglio delle tasse. Senza una drastica e strutturale sforbiciata alla spesa pubblica improduttiva, è impensabile ridurre il carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese. Per questo, l’Esecutivo deve riprendere in mano il lavoro lasciato a metà dall’ex commissario Cottarelli e portarlo a compimento. Altrimenti, il rischio che dal 2016 scattino le clausole di salvaguardia, con il conseguente aumento dell’Iva, è sempre più concreto".

Analizzando l’andamento registrato tra il 2010 e il 2014 delle voci che compongono la spesa corrente della pubblica amministrazione, gli artigiani di Mestre fanno notare che, in seguito alla riduzione delle unità di lavoro e del blocco dei rinnovi contrattuali dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche introdotto nel 2010 dal governo Berlusconi, negli ultimi cinque anni la spesa per il personale è diminuita del 5%. In termini assoluti il risparmio per le casse pubbliche è stato di 8,7 miliardi di euro. Nonostante la centralizzazione degli acquisti dei beni e dei servizi, i consumi intermedi sono saliti del 3,4%. In valore assoluto l’aumento ha sfiorato i 3 miliardi di euro. Oltre agli stipendi, l’altra voce che compone la spesa corrente ad aver registrato una variazione negativa è stata quella sanitaria. La contrazione è stata pari a 2,5 miliardi di euro (-5,5%). Sottolineando che l’80% circa della spesa per le prestazioni sociali in denaro è assorbita dalle pensioni, le uscite per il welfare hanno registrato una vera e propria impennata: l’incremento ha sfiorato il 10 per cento, mentre in termini assoluti l’aggravio è stato di ben 29,6 miliardi di euro. Nonostante gli effetti prodotti dalla riforma Fornero, a condizionare in maniera determinante questa espansione ha contribuito soprattutto la spesa pensionistica e, in misura più contenuta, i provvedimenti a sostegno al reddito erogati a famiglie e lavoratori che in questi ultimi anni si sono trovati in difficoltà. Dal 2014, inoltre, tra le prestazioni sociali in denaro è stato computato anche il bonus degli 80 euro (5,8 miliardi di euro). Infatti, come ha avuto modo di ricordare il ministero dell’Economia qualche giorno fa, le statistiche non classificano il bonus degli 80 euro come un taglio fiscale, bensì come una misura di spesa sociale.

Le "Altre uscite correnti", infine, sono anch’esse salite in misura importante: se in termini percentuali l’incremento è stato del 10,1%, in valore assoluto questa voce è aumentata di 6 miliardi di euro.

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