Economia

Per il governo gialloverde un conto da due miliardi

Gian Maria De Francesco

Roma «I quattrini per le banche d'affari, per le banche private proclamava il grillino Alessandro Di Battista ai tempi della nazionalizzazione di Mps - li trovano nel tempo di un prelievo al bancomat; solo che il bancomat sono i denari pubblici, le tasse di tutti i cittadini italiani». Luigi Di Maio, oggi vicepremier, a quel tempo si limitò a criticare con meno enfasi, bollando il provvedimento ad hoc per il Monte come «un decreto che azzera i risparmi di decine di migliaia di italiani». Dallo scorso gennaio, ovviamente, le parti in commedia si sono ribaltate perché il governo Lega-M5s ha approvato un decreto, copiato da quello per l'istituto senese, che prevede l'impiego di risorse pubbliche per Carige.

Lo stesso Di Maio quattro mesi fa aveva cercato di evitare le critiche, dichiarando che l'intervento nella banca era finalizzato a «dare prestiti alle imprese e mutui più agevolati alle famiglie». Ieri il premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia, Giovanni Tria hanno, però, allontanato l'ipotesi di una pubblicizzazione dell'istituto ligure. «La nazionalizzazione non è all'ordine del giorno, è all'ordine del giorno invece una soluzione di mercato», ha detto il capo del governo. Gli stessi argomenti sono stati usati dal titolare del Tesoro.

In questo caso, però, l'obiettivo è diverso. Per un Paese con i conti sotto osservazione da parte di Bruxelles fare altro deficit e debito non sarebbe il massimo. Il decreto consente la partecipazione dello Stato a una ricapitalizzazione precauzionale fino al 30 settembre prossimo «anche in deroga alle norme di contabilità» nazionale sulla base del fabbisogno di capitale regolamentare determinato dalla Bce.

Allo stato dell'arte il dl Carige prevede, oltre a una garanzia di 3 miliardi sulle future emissioni obbligazionarie, un impegno di 1,3 miliardi, di cui un miliardo per l'aumento di capitale e 300 milioni per liquidità emergenziale e ulteriori passività da emettere. Se si aggiunge che il piano destinato a naufragare prevede l'acquisizione di 1,8 miliardi di crediti non performing da parte di Sga, controllata dal Tesoro, e che quest'ultima si è già finanziata sul mercato per 250 milioni, si comprende che l'impegno minimo iniziale dello Stato potrebbe raggiungere i 2 miliardi di euro. Non è molto, lo 0,1% del Pil, cioè la minimanovra correttiva prevista dalla legge di Bilancio sui conti del 2019.

Poiché il decreto Mps ha comportato un aggravio nel computo europeo del deficit e del debito (4,7 e 11,2 miliardi rispettivamente), preoccupa molto l'impatto che potrebbe avere la nazionalizzazione su una correzione del deficit strutturale che parte già da 10 miliardi di euro. «Se i poveri o i migranti fossero banche, li avreste già salvati», diceva Di Battista. Oggi Di Maio non è dello stesso avviso.

Ha cambiato idea.

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