Economia

Il greggio crolla e affossa le Borse

Petrolio ai minimi da sette anni, giù Milano (-2,2%). Descalzi (Eni): "A rischio 200 miliardi di investimenti"

Foto tratta da Wikipedia
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Il petrolio in caduta libera torna a spaventare i mercati. Il Wti, ma soprattutto il Brent (il petrolio che fa da riferimento in Europa), è finito al di sotto dei 40 dollari per la prima volta dal febbraio 2009, mandando in tilt le principali Borse mondiali, già partite sottotono dopo il deludente export cinese. Così, in quest'ultimo scorcio del 2015, quando le aspettative erano per un potenziale rally oltre quota 25mila punti, Piazza Affari (maglia nera) ha chiuso in calo del 2,27% a 21.538 punti. Male anche Parigi (-1,47%), Francoforte (-1,95%) e Londra (-1,42%). Wall Street ha aperto e proseguito la seduta con il segno meno. Un escalation di ribassi innescati venerdì dall'Opec e che ha portato ieri il Wti a un minimo di 36,91 dollari. In serata si è assistito alla ripresa delle quotazioni, con Wti e Brent che hanno recuperato soglie meno allarmanti, restando comunque deboli. Vedremo cosa accadrà oggi. L'organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio ha deciso di non tagliare la produzione lasciando ancora senza direzione il greggio. Una situazione che si trascina da oltre un anno, spingendo i corsi dell'oro nero sempre più in basso a causa della combinazione di una scarsa domanda (soprattutto asiatica) e dell'eccesso di produzione. Solo nel maggio 2014, il petrolio quotava oltre 110 dollari al barile. Una situazione drammatica che non ha risparmiato gli altri settori. Negli Usa, per esempio, il crollo dei prezzi dei petroliferi sta mettendo a rischio i crediti dei colossi bancari esposti con le imprese oil impegnate nell'estrazione di shale gas. Di riflesso, anche sugli altri mercati le banche non possono stare tranquille per la stretta esposizione che hanno con il settore e con l'impresa che ne rappresenta l'indotto. E così nel martedì nero (e festivo) dei petroliferi - complici le tensioni nate dal salvataggio di Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara e dal rischio di nuove ispezioni per le Popolari - anche le banche italiane hanno perso molto: Banco Popolare ha ceduto il 3%, Ubi il 3,67%, Bper il 3,14% e Bpm il 2,65%. Peggio di tutti ha fatto Mps (-5,58%) con gli operatori preoccupati che le indagini Bce si estendano ad altri istituti. Unicredit ha ceduto il 3,63%, Intesa Sanpaolo l'1,89%. Ancora più complesse le prospettive della nostra industria petrolifera che, nell'ultimo anno e mezzo, per sopravvivere allo choc dei prezzi, è corsa ai ripari con misure straordinarie: nuovi piani, contenimento dei costi, dismissioni, ricapitalizzazioni. Tanto che ieri l'ad di Eni, Claudio Descalzi ha detto che «l'attuale livello dei prezzi non è più un'anomalia, ma una condizione strutturale che si dovrebbe protrarre per uno o due anni». A causa di questa situazione, «si sta creando un grosso gap di investimenti, ridotti già di 200 miliardi tra il 2014 e il 2015 e su cui potrebbe verificarsi anche nel 2016 un nuovo taglio, altri 150 o 200 miliardi. Di conseguenza, fra 1 o 3 anni ci sarà un buco di supply (produzione ndr) rispetto alla domanda, e i prezzi saliranno». La Borsa non riesce a metabolizzare questa nuova «età petrolifera»: ieri Saipem ha perso il 2,57%, Eni il 2,53%.

Quanto a Eni, Descalzi annunciando l'intesa con l'Iran su 800 milioni di dollari di crediti - ha cercato di rassicurare gli investitori garantendo che, con l'attuale struttura di asset, i costi si stanno riducendo e il gruppo «reggerà».

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