Economia

Imprese italiane ancora deboli

Euler Hermes: il calo dei pagamenti insoluti non è un segnale di ripresa

Export in crescita, in Italia, nel 2015, con 10 miliardi addizionali - oltre a un +2,6% strutturale - provenienti principalmente da partner storici come Francia e Germania, grazie ai benefici dell'allentamento monetario operato da Mario Draghi, oltre che da Usa e Svizzera, dove la svalutazione dell'euro genererà ulteriori benefici per le imprese proiettate sui mercati internazionali.

La crescita estera, sostenuta da un esercito di circa 214mila imprese esportatrici, si registrerà principalmente nella meccanica, tessile, food e la chimica.

Bisogna tenere conto, inoltre, del perdurare delle sanzioni sulla Russia, ma le imprese italiane hanno già intrapreso un percorso di delocalizzazione dei mercati sui quali esportare il made in Italy, come a esempio Polonia e Romania.

Ripresa anche dei consumi interni secondo l'analisi di Euler Hermes che calcola anche un calo degli insoluti sul mercato domestico sia per frequenza (-30%) sia per severità (-8%). Per le transazioni commerciali tra imprese italiane ed estere, invece, il calo della frequenza è stato del 16%, mentre la severità è rimasta stabile (+1%).

Preoccupa, in ogni caso, il livello degli importi medi insoluti che, rispetto al 2007 (pre crisi), è ancora superiore del 63% sul mercato domestico e del 57% nell'export. Su tutto incombe la grande incognita degli insoluti di Stato (60 miliardi) verso le aziende nazionali con ritardi anche di due anni (edile e infrastrutture), in barba alla direttiva Ue che obbliga a pagamenti entro 60 giorni. Il governo Renzi aveva promesso 23 miliardi entro la fine del 2014, che però si sono persi per strada.

«Contrazione economica, consumi deboli, credit crunch finanziario e investimenti ridotti – spiega Ludovic Subran, capo economista di Euler Hermes - sono le principali componenti che hanno contribuito a indebolire lo stato di salute delle imprese italiane anche nel 2014.

Il trend in diminuzione dei mancati pagamenti riflette in pieno il rallentamento dell'intera economia nazionale e non rappresenta un reale miglioramento degli scambi commerciali tra le aziende».

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