Economia

Intesa e Unicredit, prove di bad bank

Intesa Sanpaolo e Unicredit si preparano a consegnare agli americani almeno un paio di miliardi dei prestiti che non riescono più a riscuotere da una decina di aziende medio-grandi italiane, nel tentativo dichiarato di rilanciarle. Le prime due banche hanno infatti firmato un protocollo di intesa con il fondo statunitense Kkr e il colosso della consulenza Alvarez & Marsal per mettere ordine tra i loro «crediti in ristrutturazione».
Malgrado non sia propriamente la «bad bank di sistema», sponsorizzata dal governatore Ignazio Visco (che per sua natura sarebbe invece dedicata alle «sofferenze»), l'accordo firmato ieri dai gruppi guidati da Carlo Messina e Federico Ghizzoni è il segnale che si è aperto il «cantiere collettivo» per risolvere il problema dei non performing loan italiani: Kkr ha 94,3 miliardi di asset in gestione; Alvarez & Marsal si è occupata sia del fallimento di Lehman Brothers sia, per la Casa Bianca, della ricostruzione di New Orleans dopo l'uragano Katrina. Così come appare evidente l'obiettivo dei due big del credito di ridurre l'impatto del check-up patrimoniale europeo.
Unicredit, Intesa e i loro alleati statuntensi si sono limitati a enunciare, in un comunicato congiunto, l'obiettivo di «sviluppare e realizzare» una «soluzione innovativa» per gestire e «massimizzare il valore» di un portafoglio di crediti, peraltro non ancora circoscritto appieno.
La struttura dell'impianto sarà ufficializzata solo tra «qualche mese» ma, secondo quanto trapela, il progetto poggerà sulla nascita di una «società veicolo» (una newco o un «special purpose vehicle»), a cui Ca' de Sass e Unicredit trasferiranno asset deteriorati a sconto per un miliardo ciascuna; mentre Kkr (in parte maggiore) e Alvarez & Marshal inietteranno mezzi freschi per almeno cento milioni di euro, prendendone la maggioranza.
A quel punto la newco potrebbe procedere a cartolarizzare i debiti (o anche entrare direttamente nel capitale) della singola azienda individuata allo scopo di riportarla al profitto, così da permettere alle stesse di remunerare il capitale e onorare il debito: si procederà con azioni di ristrutturazione e di riorganizzazione, anche a livello di governance, o con la cessione degli asset non strategici. Le due banche potrebbero, comunque, mantenere una piccola quota nel veicolo, di cui diventeranno creditori, deconsolidando quindi la posizione. Tutto dovrebbe essere pronto poco dopo l'estate e le imprese candidate a finire sotto questo ombrello sarebbero al momento una decina, ma è evidente che se l'impianto risulterà efficace il suo raggio d'azione sarà potenziato e forse, anche allargato ad altri istituti concorrenti.


L'operazione «americana» si inserisce nella strategia con cui sia Intesa Sanpaolo sia Unicredit hanno già isolato al proprio interno una loro «bad bank»: Ca' de Sass mira, infatti, a dimezzare in quattro anni 46 miliardi di attivi non strategici, tra cui 27 miliardi di sofferenze, mentre Piazza Cordusio ha individuato un portafoglio non core di circa 87 miliardi di crediti, che per per due terzi sono deteriorati.

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