Economia

Italiani "formiche", ma non investono

La paura del virus fa crescere i risparmi. Profumo (Acri): "Così niente sviluppo"

Italiani "formiche", ma non investono

Effetto coronavirus sul risparmio degli italiani. La stagnazione dei consumi (salvo alimentari e tecnologia) ha aumentato la propensione a mettere da parte il denaro. È quanto emerge dalla consueta indagine Acri-Ipsos per la Giornata mondiale del Risparmio, secondo cui il 58% degli italiani riesce a risparmiare senza fare troppe rinunce. Le difficoltà economiche, tuttavia, non sono superate: un italiano su 5 avrebbe difficoltà a far fronte a una spesa imprevista di circa mille euro, dato che sale a oltre il 50% se la spesa arrivasse a diecimila euro. Il risparmio, come nelle passate edizioni dell'inchiesta, significa accumulo di liquidità per il 63% degli italiani, sebbene si osservi un progressivo crescente orientamento verso l'investimento di almeno una piccola parte del proprio denaro, privilegiando gli immobili (33%) o strumenti finanziari meno rischiosi (29%). «Il lockdown e il clima di incertezza che stiamo ancora vivendo hanno fatto crescere il risparmio privato ma è un'accumulazione che non si traduce in investimenti, non è un motore di sviluppo», ha osservato criticamente il presidente dell'Acri, Francesco Profumo.

Occorre poi rilevare come il Covid-19 abbia allargato ulteriormente la forbice socio-economica. Nel 2019 le famiglie direttamente colpite dalla crisi erano il 18%, mentre quest'anno si attestano al 21 per cento.

L'indagine, però, mette in risalto un contesto quasi distopico: il 53% degli intervistati conferma una buona tenuta del proprio tenore di vita negli ultimi 2-3 anni e il 65% dichiara di essere soddisfatto della propria situazione economica attuale. Sono i valori più elevati dell'ultimo decennio, ma allargando l'orizzonte ai prossimi 10-20 anni il futuro intimorisce il 57% degli italiani. Migliorano i giudizi nei confronti dell'Unione europea, che ha rappresentato un valido aiuto per l'Italia durante l'emergenza. Più di due terzi del campione (68%) sposa appieno l'idea che l'uscita dell'Italia dall'Ue sarebbe un errore imperdonabile e il 57% ritiene che, in una prospettiva lunga 20 anni, è meglio essere nell'euro piuttosto che avere una propria divisa nazionale, preferita solo dal 27 per cento.

Secondo gli intervistati, i corpi intermedi (76%) e, in particolare, le associazioni di volontariato (86%), possono offrire un contributo importante e utile di conoscenza per rendere più efficienti le iniziative di ricostruzione post-lockdown. Un campo nel quale le Fondazioni bancarie sono in prima linea, ma con sempre maggiori difficoltà a causa della stretta Bce sull'erogazione di dividendi da parte delle banche.

Le Fondazioni bancarie dai dividendi delle banche ricavano il 25% di quanto erogano per le attività non profit, ha ricordato Profumo evidenziando come vi siano varie «sollecitazioni» alla Bce affinché modifichi a fine anno la raccomandazione generica a non distribuire dividendi in un «approccio selettivo».

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