Economia

Iveco mette nel mirino Germania e Regno Unito

Il presidente Lahutte: «Ecco i piani per i Tir, ma lo sbarco negli Stati Uniti resta un sogno. Il Brasile? Difficile esportare. Bene l'impianto a Mantova»

Pierluigi Bonora

Monza «Per Iveco il mercato Usa resta ancora un sogno; ora siamo concentrati su Germania e Regno Unito, i due Paesi europei più importanti per i veicoli pesanti. L'America latina? Il Brasile continua a subire i contraccolpi della crisi politico-economica: il mercato è molto depresso. Lì produciamo veicoli leggeri che esportiamo nella vicina Argentina». Pierre Lahutte, francese, è presidente di Iveco dal giugno 2014 dopo essesi occupato, con incarichi di responsabilità, di macchine agricole in New Hollande, una delle divisioni di Cnh. «In Brasile - afferma - produciamo al minimo e manteniamo i livelli occupazionali. Il Paese ha la febbre alta e soffre di un problema di competitività: è molto difficile esportare per i costi interni elevati. Siamo comunque convinti che lo scenario migliorerà. E ci dovremo far trovare pronti alla ripartenza. Qualche piccolo segnale di ripresa si comincia a vedere nel settore agricolo, con Case e New Hollande, come anche in Argentina».

Lahutte si sofferma sulle realtà geografiche che definisce «a valore aggiunto», come l'Europa, la Tunisia, il Marocco, il Camerun, l'Etiopia e la stessa Argentina, dove Iveco ha un altro impianto. «Si stanno risollevando - precisa Lahutte, a Monza per ritirare il premio Personaggio dell'anno, assegnatogli dal magazine il Mondo dei Trasporti - grazie alle riforme in atto e al basso costo del petrolio. Fortunatamente, Iveco ha messo in atto un sistema industriale capace di controbilanciare le produzioni sudamericane, con l'Argentina che vede opportunità sul proprio mercato e su quelli vicini, come Cile e Colombia. A essere premiate e a prendere velocità sono le economie più diversificate». Restando dall'altra parte dell'Atlantico, Lahutte ricorda che in Messico il Gruppo Fca produce il veicolo commerciale Ram Pro Master, in pratica il Ducato di Fiat Professional, e che non ci sono progetti di sbarcare negli Usa con il marchio Iveco, che era invece un possibile obiettivo di qualche anno fa.

«Il settore dei pesanti vive un periodo di contrazione - spiega il manager - in particolare negli Usa, in Brasile e nei due terzi dei mercati africani e mediorientali a causa del calo dei prezzi petroliferi. A questo punto, l'Europa diventa ora un campo di battaglia molto importante, mentre vola se consideriamo i veicoli commerciali». In proposito è al debutto Iveco Daily Euro 6, da giugno nelle configurazioni van, cabinato (anche doppia cabina), 4x4, con alimentazioni diesel, metano ed elettrica. Daily è uno dei prodotti centrali di Iveco. Nasce a Valladolid, in Spagna, e a Suzzara, nel Mantovano. Ed è prodotto anche in Cina, dalla cosiddetta Iveco 2 (la joint venture Naveco).

Se il sito di Suzzara «corre forte», assicurando un importante contributo all'economia del territorio, quello di Brescia, dove è assemblato il «medio» Eurocargo, tiene botta nonostante il segmento di mercato sia depresso. Di più, su Iveco, se ne saprà il 29 aprile quando il cda di CnhI presenterà i conti del primo trimestre 2016 (oggi tocca a Fca).

«Se Iveco resiste sola? Facciamo parte di Cnh Industrial e questa fusione ci premia con importanti complementarietà tecnologiche», conclude Lahutte.

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