Economia

Ktm tenta Volkswagen: "Il nostro sogno è Ducati"

Boccone da oltre 1,5 miliardi. L'ad del big tedesco Diess non vuole vendere, ma c'è l'incognita dieselgate

Ktm tenta Volkswagen: "Il nostro sogno è Ducati"

Ktm guarda a Ducati. E il suo ad, Stefan Pierer, non lo nasconde in un'intervista al sito tedesco Speedweek: «Ducati è la Ferrari dell'industria motociclistica. Annoverare il marchio di Borgo Panigale nel nostro gruppo sarebbe molto interessante. È l'unico marchio che starebbe bene nella nostra famiglia». E aggiunge: «Con Ducati ho un rapporto emotivo». Ma il sogno del numero uno del gruppo austriaco, che comprende anche non Husqvarna, non si limita a mettere le mani su Ducati. L'obiettivo è quello di puntare al terzo posto della classifica mondiale dei costruttori. Pierer lancia il messaggio, pur sapendo che Audi Group, che controlla Ducati, non intende mollare il gioiello italiano su due ruote. Soprattutto ora che al volante del Gruppo Volkswagen c'è un grande appassionato di moto: Herbert Diess, già capo di Bmw Motorrad, e solito a trascorrere il poco tempo libero in sella a una fiammante Panigale.

E proprio Diess ha apposto un ulteriore lucchetto ai cancelli della Casa bolognese. Al contrario di Matthias Müller, suo predecessore, l'attuale numero uno del gruppo tedesco segue molto da vicino l'azienda motociclistica italiana, ed è anche facile incrociarlo in occasione delle gare più importanti del MotoGp. Diess, accompagnato dal nuovo responsabile di Audi, Bram Schott, ha incontrato l'ad di Ducati, Claudio Domenicali, a Valencia, in occasione dell'ultima gara del MotoGp. Si sarà parlato di sport, business ma anche di come la Casa madre intende sviluppare il suo fiore all'occhiello italiano.

E Pierer? Forse spera che nuove sorprese legate al dieselgate, con ulteriori pesanti esborsi, alla fine costringano il gruppo di Wolfsburg a sacrificare Ducati. Ktm, il cui 49% è nelle mani del colosso indiano Bajaj, vende bene (265mila il conto delle moto consegnate alla fine dell'anno) e ha tanta voglia di allagare gli orizzonti. Si era parlato di Triumph e anche di un altro marchio italiano, Mv Agusta. «Ma Ducati è Ducati».

Sulla Casa di Borgo Panigale, valutata oltre 1,5 miliardi, si sono così riaccesi i riflettori dopo che, in pieno dieselgate, sembrava fosse imminente la sua cessione. Rinunciare a Ducati, però, sarebbe servito a poco vista la montagna di miliardi che il gruppo ha dovuto sborsare per chiudere i conti con la giustizia e i consumatori americani. E anche gli azionisti storici di Volkswagen non erano dell'idea. Meglio tenerla e farla crescere, dunque. A farsi avanti, all'epoca, era stata subito la Harley-Davidson. Quindi Andrea Bonomi, lo stesso che con la sua Investindustrial aveva ceduto il marchio ad Audi. L'imprenditore milanese, pur di riavere Ducati, e magari portarla in Borsa, era pronto a mettere sul piatto il doppio rispetto agli 860 milioni incassati dalla vendita. Anche i Benetton, con Edizione, si erano dimostrati interessati.

A proposito di dieselgate. Slitta ancora l'udienza a carico di Volkswagen Group Italia, la consociata veronese guidata da Massimo Nordio, dopo la causa intentata da Altroconsumo. Le parti, che sarebbero dovute comparire il 19 dicembre, sono state convocate dal Tribunale di Venezia l'8 maggio prossimo. Il rinvio per permettere la lavorazione delle 76.470 adesioni alla prima class action europea. Le richieste di risarcimento riguardano il 15% del prezzo delle auto coinvolte nello scandalo.

In caso di successo di Altroconsumo, il gruppo rischia di dover sborsare, come minimo, oltre 200 milioni.

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