Economia

Lagarde: «Il protezionismo uccide la ripresa»

Con le tensioni geopolitiche sale l'indice della paura. Spread a 210

Rodolfo Parietti

Il protezionismo in salsa trumpiana continua a essere indigesto a Christine Lagarde. Fino al punto da restare saldamente in cima all'agenda delle preoccupazioni del direttore generale del Fondo monetario internazionale, nonostante le attuali tensioni geopolitiche. Non c'è infatti traccia nell'analisi dell'ex ministro francese delle Finanze del braccio di ferro tra Usa e Russia sulla Siria; nè dei venti di guerra sulla Corea del Nord che fanno temere ai più pessimisti una deriva verso l'olocausto nucleare. C'è il «Vix», l'indice della paura schizzato ai massimi da novembre, a ricordarci che sono tempi da prendere con le molle. Resi oltremodo complicati dalle imminenti elezioni presidenziali in Francia, un ulteriore motivo di incertezza sgradito ai mercati e con ricadute negative sullo spread Btp-Bund, ieri a un soffio dai 210 punti.

Mentre mantiene un piede dentro e l'altro fuori nel piano di salvataggio della Grecia («Non abbiamo ancora deciso se partecipare»), la Lagarde guarda il mondo dal suo oblò e cerca di rimettere in ordine i tasselli fuori posto. Del resto, tra i clienti-azionisti di maggior peso del Fmi c'è quella Cina che subirebbe i contraccolpi maggiori delle politiche commerciali poco liberiste del nuovo inquilino della Casa Bianca. Così, Madame Christine avverte: «La ripresa economica sta riguadagnando slancio», ma potrebbe essere tagliata dalla «spada del protezionismo» che minaccia il commercio mondiale. Non è questa la strada da seguire: sarebbe una «ferita auto-inflitta» che interromperebbe le catene di approvvigionamento e aumenterebbe i prezzi per i beni di consumo, colpendo i più poveri. Il commercio senza barriere, libero di circolare, ha invece spinto le aziende a investire in innovazione e portato prosperità. «Per esempio - ha spiegato - stimiamo che l'integrazione della Cina nel sistema del commercio globale abbia pesato per il 10% dell'aumento globale della produttività nelle economie avanzate tra la metà degli anni Novanta e la metà dei Duemila.

C'è poi un altro fronte verso cui la Lagarde ha sempre mostrato attenzione: la politica monetaria della Fed. Con continui inviti alla prudenza. Anche ora, la responsabile del Fmi sembra mettere in guarda la banca centrale guidata da Janet Yellen dall'alzare i tassi in modo troppo aggressivo. Pena «un deflusso di capitali dirompente dai Paesi emergenti e in via di sviluppo».

In attesa che il prossimo 18 aprile il Fondo diffonda le proprie stime, ieri l'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ha reso noto che il Pil globale salirà del 2,7% nel 2017 e del 2,8% l'anno prossimo.

Il commercio, nonostante le ombre protezionistiche, dovrebbe espandersi del 2,4%.

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