Economia

Legname, allarme import: prezzi in rialzo per la concorrenza globale

Crescono le richieste dai mercati internazionali ed è allarme per i costi e la consegna delle forniture alle nostre aziende. Le segherie industriali di Austria e Germania privilegiano i mercati di Cina, Giappone, Stati Uniti. Assoimballaggi: l'80% della materia prima è importata, servono interventi urgenti per aumentare l'autosufficienza con una gestione ecocompatibile del nostro patrimonio boschivo

Legname, allarme import: prezzi in rialzo per la concorrenza globale

L’Italia ha il 30% per cento del territorio coperto da boschi, un patrimonio che negli ultimi anni è cresciuto del 36%, copre circa 11 milioni di ettari e colloca il nostro Paese al sesto posto a livello europeo, preceduto da Svezia, Finlandia, Spagna, Francia e Germania. Eppure dipende in larghissima misura dall’estero per gli approvvigionamenti: circa l’80% del fabbisogno di legname per i più svariati utilizzi è importato. Dipendenza che sta creando problemi alle aziende del settore perché i prezzi aumentano ed è sempre più difficile reperire la materia prima e farsela consegnare in base alle necessità della produzione.

“C’è un cambiamento strutturale in atto che ci preoccupa - spiega Ezio Daniele, presidente di Assoimballaggi - e non è legato alla stagionalità ma allo scenario globale, ai nuovi mercati internazionali della domanda di legname. E dobbiamo tenere conto che l’Italia, solo nel 2017, importa 4 milioni di metri cubi solo di legno segato di conifera per un fatturato di 780 milioni di euro”. Daniele, amministratore delegato della Imballaggi Valtanaro spa, non nasconde la preoccupazione per un trend dominato dalla domanda estera in forte crescita privilegiata dai fornitori tradizionali dell’Italia a partire dalla segherie di Austria, Germania, Croazia e Slovenia che hanno trovato nuovi sbocchi commerciali in Cina, Giappone, Pakistan, Stati Uniti (dopo l’introduzione dei dazi sul legname canadese) e in altri Paesi. Nel grande gioco della domanda e dell’offerta l’Italia rischia di fare la fine del vaso di coccio…

“È una situazione difficile che ci penalizza tra l’altro in un momento di mercato favorevole - aggiunge - perché nei primi nove mesi di quest’anno la domanda dei nostri prodotti è aumentata del 7%, con un trend di crescita che non si vedeva da tempo e riteniamo possa proseguire anche nel 2018. Ma i quantitativi che riceviamo sono fermi ai volumi del 2016 con pesanti ritardi nelle consegne che si aggiungono alle tensioni sui prezzi di acquisto mentre dobbiamo cercare di contenere i prezzi di vendita”.

Nell’immediato l’unica soluzione praticabile è quella di cercare nuovi fornitori in altri Paesi, come ad esempio l’Ucraina o la Russia “ma soprattutto occorre una svolta politica decisa con interventi governativi che ci consentano di aumentare l’autosufficienza riducendo l’import, in particolare per il legname di qualità”, sottolinea il presidente di Assoimballaggi. “Scelte da prendere rapidamente perché hanno un impatto di lungo periodo: 15 o 20 anni e non possiamo perdere altro tempo. I nostri boschi sono sottoutilizzati da decenni, il prelievo è inferiore del 40% rispetto alla media europea. I nostri politici devono capire l’importanza ambientale ed economica del patrimonio boschivo. Il prelievo ecosostenibile non solo garantisce la cura e la manutenzione del territorio con effetti positivi sull’ambiente, ma crea lavoro e riduce la nostra dipendenza dall’estero rendendoci più competitivi. Dobbiamo creare un’industria del verde come è avvenuto ad esempio in Francia, Svizzera e Austria. Abbiamo un modello virtuoso a cui ispirarci: la Val di Fiemme in Trentino”.

“È un tema di politica industriale che deve essere affrontato guardando con attenzione a quello che succede proprio a livello industriale all’estero, dove ci riforniamo - sottolinea Andrea Silvestri, della Silvestri Palletts, azienda con stabilimenti a Trento, nel Bresciano e in Ucraina -. In Austria e Germania la produzione di grandi volumi di segato è in mano a multinazionali del legno in grado di controllare mercato e prezzi delle forniture e a queste si rivolgono ad esempio Cina, India, Giappone riuscendo a spuntare almeno 20 euro a metro cubo in più. E inevitabilmente l’Italia non è più il Paese di riferimento. Se si considera che anche gli Stati Uniti si rivolgono all’Europa per le forniture e lo stesso fanno Paesi in via sviluppo, è facile capire l’urgenza di intervenire in casa nostra. Come Assoimballaggi e FederlegnoArredo abbiamo presentato proposte concrete ma ora più delle parole servono i fatti, ad esempio rendendo operativa una cabina di regia minsistero - Regioni per la gestione del patrimonio boschivo se vogliamo stare sul mercato e rendere competitiva con l’estero tutta la filiera”.

“Le faccio qualche concreto per farle capire la situazione - conclude Sivestri -. Per un colosso come l’austriaca Binderholz, 2.500 dipendenti, il mercato top era l’Italia: ora sono Stati Uniti e Giappone i clienti più importanti e la loro domanda cresce. In Cina il governo ha bloccato aziende inquinanti aumentando la richiesta di prodotti finiti e da fornitore è diventato acquirente rivolgendosi all’Europa. Pensi anche al legname che servirà in Africa per costruire la ferrovia Cape Town - Il Cairo, 11mila chilometri dal Sudafrica all’Egitto, finanziata dalla Cina… le traversine arriveranno dall’Europa. Stando all'Italia, il Trentino produce 500mila metri cubi di segata ma ne consuma più di un milione...

Ecco perché chiediamo con urgenza una politica che consenta di gestire e valorizzare il patrimonio boschivo italiano a sostegno dell’industria del legname, al passo con quella dei nostri competitor internazionali”.

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