Economia

L'Europa «apre» alla bad bank

Massimo RestelliLe banche italiane sono solide (11,5% la media dell'indice patrimoniale Cet 1), ma restano «intossicate» da crediti deteriorati che in percentuale pesano il triplo che nel resto d'Europa. Tanto che solo gli istituti di Cipro fanno peggio in termini di redditività: il ritorno sul capitale è appena del 5,1% rispetto a una media Ue del 9,1 per cento. La fotografia diffusa ieri sera dall'Eba sulla base dei dati di fine giugno delle prime 105 banche del Vecchio continente, ha chiuso una giornata nella quale per la prima volta, dopo mesi di muro contro muro con il Tesoro, la stessa Europa ha aperto alla creazione di una bad bank per liberare le banche della Penisola da 200 miliardi di sofferenze. «Le esposizioni deteriorate rappresentano ancora una seria sfida sul piano prudenziale in alcuni Paesi, inclusa l'Italia», ha detto la responsabile della vigilanza della Bce, Danièle Nouy, che si è poi chiusa in conclave con i banchieri italiani. Domenica scorsa, la Commissione Ue aveva dato l'ok anche al salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti con uno sforzo da quattro miliardi interamente a carico dell'industria del credito, tramite il fondo di risoluzione e la nascita di una discarica ad hoc per le macerie degli ex istituti commissariati.«Abbiamo la necessità di usare tutti i possibili strumenti e spero» che la bad bank dell'Italia «possa andare in porto» ha aggiunto la presidente del consiglio di vigilanza del Ssm (Single supervisory mechanism), il braccio della Bce cui è affidata la supervisione sui gruppi bancari della zona euro. Gli esami di «trasparenza» formulati dell'Eba possono essere letti come una sorta di anticamera degli Srep, il cui esito è atteso tra poco più di una settimana. A fine giugno il Cet1 dei gruppi italiani ammontava appunto all'11,5%, contro una media europea del 12,8%. Abbastanza per farsi scavalcare dai gruppi di Regno Unito (11,8%), Spagna (12,2%), Francia (12,5%) e Germania (14,3%). Non solo: i crediti non performing sono arrivati al 16,7% del totale erogato e rappresentano il 17,1% del Pil, molto al di sopra della media Ue che è del 5,6% e del 7,3% rispettivamente. Peggio dell'Italia fanno l'Irlanda (21,4% dei crediti complessivi e 23,4% del Pil), Slovenia (28,3% e 9,4%), Ungheria (18,8% e 5%) e Cipro (49,6% e 136,7%). A parziale consolazione, gli istituti italiani sono, invece, fra i migliori per quel che riguarda i miglioramenti sul Cet1 tra il 2013 e la metà 2015: il valore si è incrementato di due punti percentuali (media europea, 1,7%) grazie alle ricapitalizzazioni e agli altri strumenti di rafforzamento del capitale (1,7%). Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Popolare hanno poi diffuso le loro informazione di dettaglio.La stessa Nouy ha comunque rimarcato come siano i prestiti deteriorati, e non il rialzo dell'asticella sopra il livello minimo di capitale richiesto, a soffocare la ripresa, che il presidente dell'Eurotower Mario Draghi cerca di sostenere con il bazooka della Bce.

«La maggior parte delle nostre banche - ha osservato riferendosi in generale ai gruppi europei - detiene riserve di capitale al di sopra dei requisiti minimi; pertanto le decisioni Srep non avrebbero un impatto significativo sull'offerta di credito da parte di tali istituti e gli effetti sull'economia reale sarebbero limitati».

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