Economia

L'Europa ci dà una mano sulle banche

Bruxelles: «Aiuti una tantum, no sforzi aggiuntivi di bilancio». Ma Berlino ci bastona

L'Europa ci dà una mano sulle banche

Rodolfo Parietti

L'Italia non dovrà sostenere sforzi aggiuntivi di bilancio per aver deciso di strappare dal fallimento Veneto Banca e Popolare di Vicenza. L'intervento di salvataggio resta insomma al di fuori del recinto normativo previsto del Patto di stabilità, e nessun aggiustamento supplementare verrà imposto da Bruxelles. La rassicurazione - con spiegazione incorporata - è arrivata ieri dal vicepresidente della Commissione responsabile per l'euro, Valdis Dombrovskis, quasi nel momento stesso in cui veniva esternato il mugugno tedesco da parte del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, per lo scarso rispetto delle regole comunitarie in materia di risoluzione bancaria.

Ma tant'è, ormai il dado è tratto. Anche se il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, deve ancora incassare il sì al decreto da parte del Parlamento. E un eventuale niet, ricorda il titolare di via XX Settembre, farebbe scattare «la clausola di rescissione di Intesa Sanpaolo e quindi ci ritroveremmo in una situazione molto difficile». E a proposito della banca guidata da Carlo Messina, Padoan ha negato che le sia stato fatto un regalo: «Sono tutte le banche italiane che stanno guadagnando. Quindi c'è un effetto sistemico positivo e importante».

Il via libera di Bruxelles all'operazione, cui si è aggiunto ieri il sì alla cessione a Bper di Nuova Carife, ha intanto liberato il governo da un bel peso. Così come la precisazione secondo cui nessuno chiederà conto all'Italia dei cinque miliardi (più altri 12 di garanzie potenziali) messi in campo per tenere in vita le venete senza ricorrere al bail-in. Gli aiuti sono infatti considerati «una tantum» ai fini del Patto di Stabilità e, di conseguenza, «non condizionano le nostre discussioni sullo sforzo strutturale che l'Italia deve realizzare preparando il bilancio del prossimo anno», ha detto Dombrovskis. In base alle norme, lo sforzo strutturale per ridurre il deficit viene, infatti, depurato dall'andamento del ciclo economico e, appunto, delle misure una tantum.

Dombrovskis ha aggiunto di aver compreso le ragioni che hanno spinto l'Italia verso questo tipo di soluzione: ovvero, evitare un «serio impatto» negativo all'economia reale in una regione «tra le più attive del Paese» derivante da un duplice fallimento.

L'azione del governo si è inoltre svolta all'interno del perimetro del burden sharing, dato che azionisti e obbligazionisti junior sopporteranno un costo dell'operazione «contribuendo per 5,2 miliardi per assicurare la liquidazione ordinata delle due banche». Tuttavia, per le tasche dei contribuenti l'operazione salvataggio non sarà economicamente indolore. Dombrovskis se ne lava le mani: «Toccava all'Italia prendere tale decisione», la sua laconica risposta.

Di sicuro, il modo di agire del nostro governo non è piaciuto a Berlino, che già alcuni giorni fa non aveva esitato a parlare di tomba per l'unione bancaria.

Weidmann è sulla stessa linea: quando c'è «scarso rispetto» delle regole, «non ci può essere una sufficiente fiducia per continuare a sviluppare ulteriormente l'unione».

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