Economia

L'Europa in crisi e il superstato di Draghi

Il banchiere: "I governi non bastano, ora una politica comune"

L'Europa in crisi e il superstato di Draghi

Intervenuto a Trento, dove ha ritirato il premio «Alcide De Gasperi Costruttori d'Europa», Mario Draghi ha colto l'occasione per illustrare le sue tesi su mercato comune e integrazione politica. E non si è trattato certo del discorso di un «tecnico», chiamato a stare super partes, poiché al centro della sua analisi c'è stata l'idea che bisogna al più presto costruire una statualità europea: per ragioni economiche, da un lato, e politiche, dall'altro. Sul piano economico, l'intervento del numero uno della Bce (che ormai parla da statista) ha mostrato qualche falla: specie quando ha sostenuto che un'integrazione economica del continente esige una qualche unità istituzionale. Non è così, dato che in presenza di governi che tassano e regolano molto poco è facile un'ampia cooperazione tra realtà e imprese appartenenti a distinte giurisdizioni. In fondo, la globalizzazione non ha luogo primariamente grazie al Wto o ad altri organismi sovranazionali, ma in virtù di un'interazione emergente dal basso e fatta di scambi, contratti, delocalizzazioni, investimenti.

Sul piano politico, poi, Draghi ha riproposto la versione dei fatti secondo cui l'unico modo per avere un'Europa in pace e refrattaria a ogni autoritarismo consista nell'unificarla. In realtà, gli ultimi settant'anni senza guerre in Europa sono più il risultato di un mutato clima culturale che non di una costruzione burocratica (mai entrata nel cuore dei cittadini europei).

È però interessante come egli abbia enfatizzato la necessità di avviarsi sempre più verso un'Europa della difesa, delle migrazioni e della sicurezza. È tutto questo ragionevole? Sembra di no. Basti pensare agli interventi francesi in Africa e al fatto che a Parigi non sono certo disposti a rinunciare alla propria presenza nelle ex-colonie, né gli altri Paesi europei sono interessati a interagire con realtà che poco hanno a che fare con la loro storia, la loro visione dell'ordine internazionale, i loro interessi. Per il «politico» Mario Draghi, un comune mercato esige invece appunto una compiuta unità politica. E a Trento ha sostenuto che condividere la sovranità nazionale nell'Unione europea funziona da «moltiplicatore delle nostre sovranità». Così che «l'unico modo per difendere la sovranità è che noi Europei la condividiamo all'interno della Ue». Ma, a dire il vero, da Jean Bodin in poi la nozione di sovranità ha un significato ben preciso e una sovranità europea verrebbe non già ad accrescere le sovranità nazionali, ma ad annullarle.

Ieri Draghi ha fatto pure capire come gli eurocrati non comprendano quanto è avvenuto: non vogliono ammettere la disfatta della Brexit, né le loro colpe dinanzi alla crescita dei movimenti di rivolta (di destra e di sinistra).

Ma proseguendo su questa strada possiamo solo attenderci un aumento di tensioni, attriti e conflitti.

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