Economia

L'indagine Usa pesa su Fca E Iveco paga una supermulta

Il titolo Fiat Chrysler cede il 3,4% per il caso delle vendite gonfiate; a Iveco sanzione Ue da 495 milioni

Pierluigi Bonora

Galassia Agnelli sotto tiro ieri in Piazza Affari. Da una parte le indagini avviate da Fbi e Sec negli Usa su presunte vendite di auto gonfiate hanno pesato per il 3,4% su Fca (5,99 euro); dall'altra, la maxi-multa di 2,96 miliardi comminata dalla Commissione Ue ai big del settore veicoli industriali, tra cui Iveco, ha penalizzato CnhI che ha perso l'1,2% (6,13 euro). Negative anche le azioni di Exor, che controlla entrambe le società: -0,8% a 33,73 euro.

La giornata difficile era prevista per Fca, dopo la notizia, alla vigilia, sulle visite ad Auburn Hills, il quartier generale alle porte di Detroit, degli ispettori di Sec e Fbi e della pratica finita sul tavolo del Dipartimento di giustizia. La maxi-multa della Ue relativa al «cartello» dei produttori di camion, la più elevata mai comminata, si è aggiunta al caso che ha coinvolto Fca Us. Tra i big finiti nel mirino di Bruxelles, Iveco ha avuto la sanzione minore (495 milioni), peggio è andata agli altri: 670 milioni per Volvo-Renault, 752 milioni a carico di Daf, circa 1 miliardo la cifra che dovrà sborsare Daimler. L'altro colosso tedesco, Man, con Scania appartenente al Gruppo Volkswagen, ha evitato la «botta» di 1,2 miliardi in quanto, di fatto, ha collaborato con le autorità vuotando il sacco.

Questi gruppi, che vantano il controllo quasi totale del mercato, dovevano rispondere di aver fatto cartello sui prezzi nel periodo tra il 1997 e il 2011. La sanzione, però, riguarda anche la ritardata introduzione sui mezzi di nuove tecnologie green.

Iveco, società del Gruppo CnhI, ha già provveduto ad accantonare 500 milioni di dollari proprio per far fronte all'esborso, con la conseguenza che i conti del primo trimestre hanno chiuso con una perdita netta di 513 milioni, rispetto ai 23 milioni di dollari di gennaio-marzo 2015. Il 26 luglio, CnhI presenterà i dati del secondo trimestre 2016 e quelli della semestrale.

E ora il caso delle presunte vendite gonfiate di Fca negli Usa, che vede gli inquirenti passare al setaccio i 75 mesi di risultati in crescita allo scopo di verificare l'esistenza di possibili anomalie come denunciato da alcuni concessionari. Nel mirino e, a questo punto, si ritiene siano già stati ascoltati, ci sarebbero sia il capo delle vendite Oltreoceano, Reid Bigland, che ha da poco assunto la responsabilità dei marchi Alfa Romeo e Maserati, sia il suo team.

Secondo le accuse, Fca avrebbe indotto alcuni concessionari, in cambio di bonus finanziari, a ritoccare al rialzo i dati mensili. Il gruppo, in una nota, ha affermato di riportare i ricavi sulla base delle sue spedizioni a concessionari e clienti, e non sulla base delle unità risultate come vendute a utenti finali dai dealer. «Presteremo piena collaborazione alle indagini», ha sottolineato Fca. Il Lingotto ritiene che la causa sia stata promossa dal legale interno del concessionario proprio nel momento in cui discuteva della necessità che quest'ultimo rispettasse i propri impegni. Una possibile ritorsione, dunque.

La vicenda, comunque, non sembra colpire più di tanto gli analisti: Equita continua a raccomandare «buy» su Fca (obiettivo a 9,2 euro), e così fa anche Akros, con prezzo obiettivo a 10,4 euro. Sempre Akros, in vista dei conti che Fca presenterà il 27 luglio, si attende un secondo trimestre forte (Ebit a 1,579 milioni e 625 milioni di risultato netto; debito in calo da 6,6 miliardi dello scorso marzo a 5,8 miliardi).

L'area Nafta continua ad avere sempre un ruolo determinante, rappresentando, secondo le stime, 1,36 miliardi di Ebit nel secondo trimestre.

Commenti