Economia

"L'Italia sulle tecnologie è in ritardo di oltre 10 anni"

"I miei dodici anni all'Ibm: cambiamento rapidissimo in tutto il settore. Priorità è la sicurezza informatica"

"L'Italia sulle tecnologie è in ritardo di oltre 10 anni"

«Mi preparo ad affrontare la mia seconda giovinezza; in primavera riparto. Vedrò come». Nicola Ciniero, 61 anni, pugliese di origine e «milanese del Portello», presidente di Ibm Italia fino al 31 gennaio scorso è un uomo abituato alle grandi sfide. E non soltanto nel ruolo che gli è più congeniale, quello di top manager. Ciniero ha preso dal papà, che ha perso quando aveva 18 anni, la passione per le auto e le gare, a cui partecipa con la sua Cortina Lotus del '65. «E non mi sogno neppure di appendere il casco al chiodo», aggiunge durante la sua passeggiata giornaliera al Parco Sempione, dove lo abbiamo incontrato.

Lei è stato 12 anni in Ibm, tra il 2003 il 2006, e dal 2008 al 2017 come presidente e ad, quindi a capo del cda. In questo periodo l'It ha cambiato pelle, contagiando anche il Paese.

«Il processo è stato più rapido del previsto. I nuovi standard industriali hanno abbattuto pesantemente tutte le barriere tecnologiche e finanziarie di accesso. L'apporto di freschezza e fantasia da parte delle giovani leve, che non devono fare i conti con l'heritage, ha facilitato l'interfacciarsi del nuovo con l'utente. Ma soprattutto la possibilità di accedervi in modalità on demand. Ecco il cambiamento reale: pago per ciò che utilizzo, ora si vendono servizi alle aziende».

In Italia, però, molte Pmi risultano ancora in ritardo

«Per le Pmi è un obbligo aggiornarsi. È vero, comunque, che il settore va segmentato. Ci sono tante Pmi che non sono abituate a essere aiutate e rappresentano una vera eccellenza; negli Usa le chiamerebbero stars. Una barriera è data dalla non conoscenza del problema. In Italia, però, è la Pubblica amministrazione che non riesce ancora a mettere il cittadino al centro dei processi informativi».

Ne consegue?

«Che l'Italia paga un gap di oltre 10 anni sul resto del mondo. Siamo considerati come quelli che adottano le nuove tecnologie sempre in ritardo. Il modello dello Stato è fermo all'acquisto di beni e servizi, e non alla fruizione di essi. La macchina non ha ancora preso la giusta velocità, rispetto invece a una Pmi che può decidere in pochissimo tempo».

Ibm ha anche nuovi concorrenti, come Amazon, ma anche tante start-up.

«In 10 anni c'è chi si è fuso o è fallito. Uno dei valori di Ibm è di essere una grande azienda, con più di 100 anni e di aver sempre disegnato il futuro. Ora un'impresa ha una vita media tra 5 e 10 anni. E deve sapere se necessita di un fornitore tattico, per un progetto di medio termine, oppure strategico».

Industria 4.0, Internet delle cose: non c'è il rischio che l'uomo perda il controllo?

«Da sole le macchine non fanno nulla. Ci sarà un progressivo cambiamento delle professionalità e dei mestieri. Il sistema scolastico deve giocare d'anticipo. Ciò che manca, invece, è la coscienza reale dei rischi. La sicurezza informatica è l'elemento più importante da affrontare».

I giovani e il lavoro.

«Sono priorità. Occorre un patto generazionale: 4 vanno in pensione, 4 entrano in azienda. La Legge Fornero è stata una sciagura: non si è considerato ciò che avrebbe comportato. Il Jobs Act, al contrario, ha ridato fiducia agli investitori esteri sulla flessibilità. Al primo impiego, poi, gli stipendi sono al limite della soglia di sopravvivenza. E senza la famiglia alle spalle un giovane non riuscirebbe a tirare avanti. All'estero si guadagna due o tre volte tanto. Una somma di 2.500 euro sarebbe equa. A pesare, non dimentichiamo, sono il fisco e anche alcune contrattazioni sindacali un po' miopi. Ma c'è anche il poco ricorso in Italia alla formula di suddivisione degli utili».

Tempo fa Silvio Berlusconi ha fatto anche il suo nome per un'ipotetica squadra.

«Politica e lavoro in una multinazionale sono incompatibili. È un uomo incredibile: ha ancora l'entusiasmo di un ragazzino».

La sua ricetta politica?

«Faccio i nomi, per gli ultimi 5 anni, di due ministri: Corrado Passera e Carlo Calenda, uomini d'impresa che capiscono le imprese».

Euro o lira?

«Direi un euro a due velocità.

Limitiamoci a urlare una possibile uscita».

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